Title: L'anatra: Allevamento per la produzione della carne
Author: Carlo Alberto Gonin
Release date: November 17, 2018 [eBook #58296]
Language: Italian
Credits: Produced by Barbara Magni, Rosemarie della Scala and the
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(original images from Biblioteca Scolastica - Istituto
Tecnico Agrario "G. Garibaldi", Roma)
CARLO A. GONIN
L'ANATRA
Allevamento per la produzione della carne
CATANIA
FRANCESCO BATTIATO — EDITORE
1921
PROPRIETÀ LETTERARIA
Off. Tipogr. del Giornale degli Allevatori — Catania
[1]
Un sagace avicultore italiano scriveva recentemente che se l'allevamento razionale dei polli può dare in Italia guadagni elevatissimi, quello dei palmipedi e delle anatre specialmente produrrebbe degli utili anche superiori; e facendo la supposizione che tre milioni di contadini tenessero quattro femmine di buona razza con un maschio, ognuno di loro avrebbe dai 150 ai 200 anatrotti all'anno, macellabili a due mesi o due e mezzo d'età. Risultato: 450 a 600 milioni di capi che a 2 chilogr. ciascuno costituirebbero 900 milioni ad un miliardo e più di chilogrammi di carne, ed ossa, ben inteso; ora, questi, convertiti in moneta corrente, se non sonante, darebbero la bellezza di 3600 a 4800 milioni di lire italiane.
Non trovo esagerazione in questi calcoli, anzi in taluni si rimane perfino un po' al disotto della realtà, poichè una femmina di buona razza non darà mai meno di 60 uova, quindi per quattro femmine 240 uova, ed anche deducendo le perdite possibili nello [2] allevamento si avrebbero sempre più della cifra suindicata di anatrotti; il guaio si è, a mio avviso, che i tre milioni di contadini italiani decisi a mettersi sulla buona strada non si rinverrebbero facilmente, e ritengo che lo stesso autore dell'articolo non si farà troppe illusioni in proposito. Quanti ve ne sono come quello che al buon Pascal, uscì fuori a dire che le sue anatre mangiavano più del majale, quindi dava la preferenza a quest'ultimo! ce lo racconta lui, il grande scrittore allevatore nel suo «Anatre ed oche da prodotto».
Ed è questa erronea convinzione tenacemente conficcata nella materia cerebrale dei nostri buoni villici, nella gran maggioranza almeno, che li rende apatici se non ostili; essi tengono assai più volentieri i polli, le oche, i tacchini che si procurano da se stessi se non tutto, quasi tutto il nutrimento, mentre alle anatre bisogna provvederlo nella massima parte. Ma non calcolano, che un anatrotto di buona razza in poche settimane, se ben nutrito è vendibile, per cui in confronto ai polli, grazie al suo rapido sviluppo, viene a consumare assai meno. Egli queste cose le ignora ed in fin dei conti non è tanto da biasimare se nessuno gli insegna come dovrebbe fare per guadagnare con la pollicoltura; dove sono gl'istituti governativi dove si formino degli allievi capaci di diffondere le buono pratiche fra le popolazioni agricole?
Eppure governanti ed economisti ci rintronano gli orecchi col solito ritornello dell'immenso bisogno di lavorare d'intensificare la produzione; ma mentre vi sono numerose scuole ed istituti per certe industrie [3] e qualcosa si è fatta anche per quella chiave di volta della nostra produzione che è l'agricoltura per l'allevamento degli animali da cortile che condotto con sistemi meno empirici darebbe dei risultati sorprendenti, è una miseria, una ridicolezza quanto lo Stato ha fatto fin'ora in materia d'insegnamento pratico.
Un'altra questione che rattiene molti dal dedicarsi all'allevamento dell'anatra è quella dell'acqua, la maggioranza credendo che per vivere e prosperare il palmipede ne abbia assoluto bisogno. Scorrendo queste pagine il lettore vedrà come se l'acqua è un elemento utile, in certi casi non è affatto indispensabile ed in altri è anzi contrario.
L'anatra è fra i diversi volatili domestici quello che per rapida e forte produzione di carne risponde meglio d'ogni altra all'interesse dell'allevatore; il colombo la precede bensì sviluppandosi in venti giorni ma poi rallenta mentre l'anatra progredisce continuamente in modo meraviglioso fino a due mesi, epoca in cui è già abbastanza grossa per esser mangiabile e di un bel volume. L'oca non si trova in simili condizioni fino a che non abbia sette od otto mesi d'età, un galletto delle migliori razze da carne ha bisogno di almeno tre mesi e così il tacchino è assai lento nel suo sviluppo in confronto al nostro palmipede.
Oltre al crescere costantemente mangiando di continuo, l'anatra offre pure il vantaggio di approfittare di tutti gli alimenti che le si presentano; essa rappresenta nella categoria dei piccoli animali domestici ciò che è il maiale in quella del grosso bestiame e forma, per tutte le qualità che le si riconoscono il prototipo dei volatili industriali.
[4]
Non tutte le anatre però sono ugualmente precoci come non tutte hanno le stesse buone qualità; le comuni, ad esempio, sono rimaste appena nella mediocrità per corporatura e per produzione di carne ed uova, mentre in seguito a cure intelligenti, ad un lungo lavoro di selezione non mancano le razze che raggiungono in poco tempo un volume straordinario con carne assai più bianca, delicata, abbondante e danno una quantità d'uova ben superiore all'ordinario.
Se la nostra gente di campagna sapesse come selezionando ed incrociando con razze pregiate le anatre comuni, come distribuendo un'alimentazione più razionale potrebbe migliorare i suoi animali ed accrescerne la produzione non direbbe più che l'anatra mangia ad ufo; ma salvo poche eccezioni, in generale i nostri contadini ignorano queste cose o non vi prestan fede.
È dunque alla classe di persone più elevate che il presente lavoro è specialmente dedicato; lungi da me l'idea di consigliare le colossali speculazioni americane ed inglesi d'allevamento intensivo, ciò da noi non potrebbe riuscire e neanche lo si è tentato finora in altri paesi dove avrebbe migliori probabilità, ma ho in pari tempo l'intima convinzione che non pochi sarebbero in grado d'intraprendere e praticare in modeste proporzioni l'allevamento dell'anatrotto precoce e dell'anatra di razza per la riproduzione ricavandone un ottimo frutto, ciò che appunto ho cercato di addimostrare in queste pagine, ed, in ogni caso, di divulgare le cognizioni fra quanti potrebbero trovare un reale profitto e non lo fanno, per ignoranza o per ignavia.
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Le anatre formano la numerosa famiglia delle Anatidae, suddivisa in quattro sotto-famiglie, di cui le prima, le Anatinae (anatre nuotatrici) è la sola che interessi veramente l'allevatore.
Queste ultime si distinguono per le loro gambe corte e poste molto indietro nel corpo, per cui la camminatura riesce alquanto goffa e titubante ed è solo sull'acqua che spiegano una certa grazia solcando il liquido elemento per tuffarvisi alla caccia di insetti od altri piccoli animali che lo popolano, nel far che immergono verticalmente la parte anteriore del corpo mentre quella posteriore riman fuori dell'acqua; agitando le zampe esse riescono a mantenere il perfetto equilibrio. Questa parziale immersione è comune a tutte le anatre appartenenti alla sotto-famiglia delle nuotatrici e si estende pure al cigno, mentre quelle della seconda sotto-famiglia s'immergono completamente alla ricerca del nutrimento e vengono chiamate anatre tuffatrici; ma di queste ultime noi non abbiamo da occuparci come trascurammo affatto le rimatrici e le anatre d'albero.
Le ali dell'anatra nuotatrice sono piuttosto corte ed assai larga è la coda, relativamente; il piumaggio è fitto e liscio e possiede la proprietà di non lasciar penetrar l'acqua. Il becco, dice il Brehm, lungo quasi sempre quanto la testa è piatto; sui bordi è guarnito da una fila di piccole lame salienti delle quali quelle della parte superiore del becco superiore entrano in [6] altrettanto nell'inferiore; esso è ancora perfezionato dalla lingua grande, carnosa e sensibile, dai bordi carnei, formando così un filtro perfetto che offre la possibilità di separare il minimo pezzettino di cibo dalle materie non commestibili che questo può racchiudere. È simile disposizione speciale, comune a tutte le anatre, oche e cigni, che ha dato il nome di lamellirostri sotto il quale sono classificati tali palmipedi. Nella zampa e nella seconda sezione di essa il pollice è contornato da una membrana della quale la prima sezione è sprovvista.
Nel maschio dell'anatra la livrea, durante la stagione degli amori, è in tutto il suo splendore, esso ne riveste una più modesta, una volta questa stagione trascorsa.
Por la natura speciale di questo lavoro non posso internarmi nella descrizione illustrativa di tutte le specie conosciute di anatre, che non sono poche, dovendo limitarmi a trattar solo quanto si riferisce alle razze di massimo prodotto, per cui lascio da parte oltre alle Arzavole maggiori e minori, le vezzose anatre Mandarine e della Carolina, la Labrador, la Casarca, la Cadorna, la Mignon ed altre ancora, che pure hanno una certa importanza ma il cui allevamento è assai limitato e generalmente solo per diletto.
La maggior parte delle anatre che si allevano in Europa trae la sua origine dal Germano reale, alcune altre provengono dall'India, dalla Cina, dall'America Meridionale.
Il Germano reale (Anas boschas) nell'autunno, lascia le nordiche regioni per venir a svernare sui laghi, sulle paludi, sui fiumi d'Italia e di vari altri [7] paesi; prima di partire queste anatre selvatiche si radunano a frotte numerose e viaggiano di conserva ma appena giunte da noi sono presi di mira dai cacciatori che escogitano tutti i mezzi per ucciderle, conoscendone il valore delle carni saporite; fucile o spingarda, richiami, stampi, reti tese ad una certa altezza o tenute ferme mediante pesci sott'acqua ad una giusta profondità, con l'aiuto del cane o senza, su galleggianti dissimulanti, all'aspetto in riva od un'acqua corrente o ferma, tutti i sistemi sono messi in opra per ricevere in malo modo le immigranti.
Ma l'anatra selvatica ha i suoi per deludere quelli dei cacciatori nelle loro più raffinate combinazioni; scaltre e diffidenti le anatre hanno un servizio di vigilanza speciale che non di rado lascia con tanto di naso i discepoli di S. Uberto. E quelle che sono riuscite a scampare dai vari tranelli riprendono il volo al principio della primavera per ritornare al Nord dove vanno a riprodursi; alcune però si fermano nelle nostre regioni, si accoppiano e nidificano pure da noi, ma sono la minoranza.
La livrea del maschio è bellissima durante la stagione invernale fino a quanto dura l'epoca della riproduzione, questa terminata e cioè da Maggio a Novembre cambia e diventa quasi uguale a quella assai dimessa della femmina.
Il piumaggio della testa e del collo è di un bel verde smeraldo, un collar bianco non completamente chiuso separa la testa dal collo; il petto è bruno castano, la schiena è di color bruno verso il collo e finisce in grigio sporco verso la parte estrema del corpo; le ali sono adorne di striscie nere dai riflessi verde violaceo [8] scuro, brillante; queste strisce dette anche Specchi, sono contornate da una striscia bianca cui ne segue una nera; il becco è verdastro punteggiato di nero; le zampe sono giallo-arancione.
La femmina è modestamente rivestita di penne color bruno grigiastro uniforme salvo nelle ali, colorate come quelle del maschio ma con lo specchio meno vistoso.
Una caratteristica del Germano reale che si ripete in tutte le anatre da esso derivanti, è quel ciuffetto di quattro penne arricciate della coda, nel solo maschio però; nei maschi della Corritrice indiana e della Muschiata tale distintivo non è affatto visibile.
La femmina fa da dieci a sedici uova color olivastro, che cova durante 26 o 28 giorni, in Aprile o Maggio, i piccini nascendo sono nero verdastro sulla schiena e giallo sporco sul ventre. Catturati, questi ultimi si addomesticano facilmente ma non raggiungono un peso molto superiore a quello dell'anatra selvatica, che è di un chilogrammo e mezzo, se non ad una seconda e terza riproduzione in domesticità in cui il peso aumenta considerevolmente. È misura di prudenza il tarpar le ali dei giovani riprodotti o praticare l'ejointage, poichè quelli di prima riproduzione, conservando ancora l'istinto della libertà facilmente piglian la fuga alla prima occasione.
Nella domesticità la livrea del Germano reale ha subìto delle modificazioni ed ai colori che questo contraddistinguono, spesso il bianco, si mescola più o meno, fino ad invadere quasi completamento tutto l'insieme del piumaggio in alcuni individui, al punto che vi sono delle razze europee come l'Aylesbury, [9] completamente bianche, mentre in altre la pezzatura è predominante soltanto. Per contro la fecondità è nelle anatre domestiche di gran lunga superiore, fino a raggiungere in certe selezionate da 80 a 120 uova all'anno: il peso tuttavia è di poco aumentato nelle comuni poichè arriva appena ai due chilogrammi, mentre la Rouen che ha tanti punti di contatto col Germano Reale arriva facilmente al doppio.
L'anatra comune italiana, discreta fetatrice e produttrice di carne, è rusticissima e gli anatrotti si allevano con la massima facilità; alcune regioni dell'Alta e Media Italia posseggono tipi nei quali si riscontra l'effetto di qualche selezione e che conservando la vigoria propria alle razze paesane si dimostrano più prolifiche e maggiormente atte a prender il grasso; esse tuttavia non possono competere con alcune razze estere e specialmente con la Pechino, che si è fatto molta strada anche da noi perchè altrettanto rustiche ma assai più produttive e precoci.
L'anatra comune non rappresenta dunque il desideratum per l'allevatore che vuol ricavare in poco tempo un buon prodotto in volume, e neanche in uova, dai suoi volatili e ad ottenere questo intento deve ricercare delle razze ben altrimenti rimuneratrici; dell'anatra comune si accontenta il campagnuolo, e chi si accontenta gode, ma nè l'industriale nè il piccolo allevatore che bada al suo interesse possono fare [10] affidamento su dei produttori tanto mediocri; è lo stesso caso di chi vuol tenere dei conigli e ne prende di comuni, mentre vi sono più razze doppiamente soddisfacenti e per nulla più difficili da allevare.
Le razze su cui può cader la scelta per avere un rapido sviluppo nell'allevamento, degl'individui di carne delicata, d'ingrassamento sollecito, che presentino insomma le migliori prerogative per l'allevatore industriale grande o piccolo sono le seguenti, oltre all'Italiana selezionata, i cui caratteri tuttavia non sono abbbastanza fissi:
Di queste diverse razze quali sono le più pratiche, le più redditive, le più coltivate? la risposta si potrà forse dedurre dalla descrizione di ciascuna di esse, ma a mio modo di vedere non è possibile dare un giudizio assoluto. Tutto ciò che viene ammesso generalmente è che come tipo da carne, le meglio quotate sono: la Rouen, l'Aylesbury, l'Orpington, quest'ultima sarebbe, secondo i suoi fautori, l'excelsior, il nec plus ultra non solo per carne, ma anche [11] pel resto; come tipo omnibus la Pechino; per incrocio, la Muschiata; per produzione sublime d'uova, più ovaiola di qualsiasi gallina, sempre secondo gl'incensatori e questi al giorno d'oggi sono molti, in Inghilterra specialmente, la Corritrice Indiana. Tutte le altre sono più o meno buone, ed ogni paese ha la sua razza locale, a cominciare dal nostro che, come dissi, vanta le sue padovane, piacentine, romagnole ecc. ottime produttrici di carne e sopratutto rusticissime. Il Belgio si trova bene delle sue Laplaigne e Forest, non parliamo della Francia la cui Rouen è ovunque nota ed apprezzata a buon diritto, cui segue da vicino la Duclair; altrettanto gloriosa va l'Inghilterra della sua Aylesbury. Ma come ho già sottolineato e come risulterà anche col seguito la razza che a conti fatti ha preso più piede un po' dappertutto, quella che si può dire eminentemente industriale per precocità, volume, rusticità, tant'è vero che negli stabilimenti americani a produzione intensiva vien quasi esclusivamente allevata è la Pechino, che or sono appena cinquant'anni era pressochè ignorata in Europa ed in America, mentre occupa ormai il primo posto e ciò è dovuto alle eminenti qualità di cui madre natura l'ha adornata. Principieremo dalle europee per passar alle anatre provenienti da altri lidi.
Forma quest'anatra a giusto titolo l'orgoglio degli allevatori della Normandia, poichè pel suo volume, per la carne squisita, per la grande attitudine all'ingrassamento va posta in prima linea; se ha conservato [12] la brillante livrea del Germano reale, per tutto il resto l'anatra di Rouen si allontana grandemente dal selvatico proavo.
Come in questo, la testa ed il collo del maschio sono di un bel verde smeraldo a riflessi metallici cangianti, lo stesso anello di piume bianche divide quasi in due parti testa e collo; il becco è giallo, leggermente verdastro verso gli occhi; petto bruno rossiccio vinato; ventre e fianchi grigio cenerino: dorso bruno più o meno scuro; penne dell'ala grigio bruno con striscie alternate di bleu brillante e di bianco; quelle della coda sono grigio bruno striate di bianco, con qualche pennina nera, brillante, arricciata, distintivo del sesso come già si è detto; tarsi e dita, giallo arancione scuro.
Tale è la livrea del maschio durante l'epoca della fecondazione, che depone poi per rivestirne una press'a poca uguale a quella della femmina nella stagione di riposo.
Nella femmina i colori del manto non sono sempre ben determinati; se ne trovano di piumaggio a fondo chiaro, mentre in altre è assai scura; l'una ha il collare non ben spiccante sul fondo, ma un po' sfumato, in altre è pochissimo pronunciato; in questa lo specchio dell'ala si avvicina ai distintivi proprii al maschio, non esiste invece affatto alcun segno in altri individui femmine. Il fondo della livrea in generale dev'essere grigio bruno ed ogni piuma macchiata di bruno con una orlatura bruno scuro o nocciuola.
Gl'inglesi, noti abilissimi modificatori di caratteri degli animali domestici in genere, trasformatori, [13] miglioratori, sacrificando talvolta fin troppo alla mania, a detrimento di qualità intrinsiche, hanno voluto perfezionare anche l'anatra di Rouen, non tanto dal lato della livrea per la quale ottennero maggior regolarità, quanto da quello del volume che hanno reso anche più forte. È un lavoro che merita considerazione ma che non ha valore se non è seguito con la più rigorosa selezione continua, altrimenti il frutto va perduto; e poi resta a sapersi se animali così diligentemente selezionati conservino la rusticità del tipo originale. Il manto scuro del tipo inglese si ebbe probabilmente dall'incrocio del Rouen francese chiaro con quella prossima parente che è la Duclair pure normanna, ma dal piumame scurissimo; il volume poi è dovuto oltre che alla selezione, ad una alimentazione speciale ed a qualche altra misura, formante il segreto di quegli strenui allevatori.
È positivo che la Rouen inglese si presenta superiore ai tipo francese in tutte le esposizioni, sia per la regolarità e perfezione di piumaggio come per imponenza, tanto che le maggiori distinzioni vanno sempre al tipo modificato; ciò non prova però che sia il migliore sotto tutti i riguardi e siccome non c'è rosa senza spine, così per mantenere quel grado di perfezione richiesto negl'individui dalla livrea scura, si cade facilmente nel pericolo che presenta una continuata consaguineità coi relativi inconvenienti della delicatezza e spesso della sterilità dei riproduttori.
Ecco i distintivi caratteristici delle livree posti a confronto:
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MASCHIO
Tipo inglese
Testa lunga e forte d'un bel verde scuro, brillante, senza alcun miscuglio di grigio o di nero; collo assai lungo dello stesso colore del capo fino al mezzo-collare bianco puro. Becco verde meno che alla protuberanza carnea, nera; il giallo verdastro è bandito dai puristi.
Tipo francese
Testa e collo verdi con collare bianco sul davanti che abbraccia circa i 3/4 del collo; becco giallo forte con una tinta verdastra vicino agli occhi.
Petto d'un bel colore marrone unito, senza traccia di orlatura bianca; questa tinta si prolunga fino al principio delle spalle e scende abbastanza in basso.
Petto marrone rossiccio con leggera lista bianca nella punta di ogni piuma.
Il ventre, il resto del petto e le coscie, grigio perla uniforme. Non è ammesso il colorito biancastro che potrebbe prodursi sui fianchi e nella vicinanza della coda.
Ventre grigio bianco.
Dorso e reni, neri a riflessi verdi; la tinta passa al grigio nell'avvicinarsi all'ala, le cui penne del volo, presso la spalla, sono grigio scuro quasi bruno.
Dorso (parte superiore) grigio perla piuttosto scuro.
Specchio dell'ala: una larga striscia a riflessi metallici, ben regolarmente orlata da una stria bianco argenteo, preceduto da stretta striscia nera.
Specchio dell'ala, ossia le penne superiori dell'ala in covertura, verde, fra due striature bianche.
Coda bruno scuro.
Coda Grigio bianco con un mazzetto di pennine arricciate.
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I caratteri principali del tipo inglese nella femmina, che del resto diversificano di poco da quelli della femmina Rouen francese, sono i seguenti:
Testa: bruno cupo sulla parte superiore e più chiaro sui lati; faccia attraversata da una linea orizzontale bruno scurissimo che attraversa pure l'occhio, il quale è bruno come nel maschio; becco bruno scuro orlato di verde scuro, il disotto è bruno chiaro.
Collo: bruno senza traccia di collare.
Petto, ventre spalle: coperte di piume la cui orlatura è bruno nocciuola, seguita da una striscia elittrica bruna, scurissima, nerastra, poi da una bruna nocciola, e nel mezzo, bruno scurissimo.
Dorso e reni: dalle spalle alla coda il disegno è meno pronunciato; a distanza sembrano bruno scuro unito.
È quasi inutile dire che degli animali in cui si trovino riunite tutti i caratteri che effettivamente dovrebbero possedere per essere conformi allo standard sono ben difficili per non dire impossibili da rinvenire; dei prodotti anche se non perfettissimi sono sempre individui da esposizione e si capisce come certi anatrotti se li disputano a suono di sterline. Ma dal punto di vista della pratica, di chi non ha altro scopo fuorchè di trarre un reale profitto dagli animali che alleva, le cose si presentano sotto un aspetto diverso, certi dettagli, certe sfumature scompaiono se ci si trova davanti ad individui di vero merito intrinseco.
Quali siano i punti essenziali che l'allevatore industriale o chi va alla ricerca del buono, dell'ottimo anzi, ma senza tante quisquiglie, ce li indica un [16] cultore della razza normanna il Ramé; riportiamo, condensando, quanto egli ne scrisse nell'Eleveur.
Nell'anatra di Rouen, ciò che si deve innanzi tutto ricercare è la corporatura voluminosa, unitamente alla lunghezza del corpo, ben più che la regolarità della livrea; un individuo, non ingrassato, può pesare fino a quattro chilogrammi e mezzo, mai meno di tre e mezzo, quattro è la media. Quanto alla lunghezza lo stesso Ramé cita uno dei suoi allievi, maschi misurante 90 centimetri dalla punta dei piedi all'estremità del becco, in posizione della testa in basso ed il collo allungato. Uno dei punti essenziali richiesti è l'orizzontalità della posizione nel Rouen, proprio quasi all'opposto di quella dell'anatra [17] di Pechino il cui atteggiamento è eretto. Il piede dev'essere forte, grosso e piuttosto lungo.
I giovani dell'annata, pesati in Novembre o Dicembre, raggiungono quasi lo stesso peso degli adulti; fino ai quattro mesi gli anatrotti maschi hanno la stessa livrea delle femmine e cioè la magliatura delle penne di queste, salvo all'estremità del dorso dove le penne del maschio non sono magliate, mentre lo sono quelle delle femmine. I maschi adulti riprendono durante l'estate il piumaggio di giovani che conservano per due o tre mesi, quindi indossano il manto di gran gala, ed è in quest'epoca che convien giudicarli.
Nella femmina si ricercherà più ancora del volume la lunghezza del corpo che, nella posizione più sopra indicata per misurare il maschio, dev'essere di 80 centimetri almeno; un animale può essere grosso ma questa grossezza non sarà che adipe in gran parte, mentre la carne è relativamente poca. Oltre ad una buona conformazione la femmina dev'aver pure un piumaggio irreprensibile e di ciò si è già discorso con la descrizione dei caratteri. Il tipo francese è complessivamente più chiaro ed anche gl'individui più scuri lo sono meno di quelli tipo inglese; il Brechemin assicura di aver osservato che le femmine più chiare erano generalmente le più grosse.
L'anatra di Rouen chiara, la legittima, sia la sua livrea più o meno caratteristicamente disegnata, è senza alcun dubbio fra le migliori che si possano allevare anche dal campagnuolo; oltremodo rustica, prende facilmente in grasso, e la femmina ben nutrita, con alimenti [18] in cui entri a far parte l'elemento azotato, dà presto uova e la fetazione dura a lungo.
Incrociata con un maschio di Muschiata, la femmina Rouen dà poi dei prodotti enormi che s'ingrassano meravigliosamente, dando dei fegati grossi, finissimi, che servono a fabbricare famosi, delicati e saporiti pasticci.
È questa una varietà della classica Rouen ma di livrea molto più scura; ha, del resto, con essa comune l'origine essendo pure un prodotto della Normandia e viene allevata nelle medesime contrade e non molto distanti; ha ugual attitudine all'impinguamento, è altrettanto precoce, non è tuttavia facile [19] trovar individui di mole imponente quasi quanto quelli della Rouen pura; al suo attivo ha poi il merito della rusticità anche maggiore, cosa che la rende più vantaggiosa per l'allevamento rusticano, e ciò si spiega forse, considerando che la Duclair non è stata sottoposta come la Rouen a prolungata selezione e quindi alle conseguenze d'un'eccessiva consanguineità, nè sarebbe probabilmente il caso di cercar il meglio, che non di rado è nemico del bene. La Duclair è una robusta figlia della campagna normanna ed è da credere che nessuno pensi a pretendere da essa più di quanto dà, che è già molto; se selezione dovesse farsi sarebbe solo nel senso di limitare il bianco del petto che, troppo esteso come si osserva negli individui presentati nelle mostre recenti di avicoltura, poco per volta può degenerare in albinismo.
Il maschio ha dei riflessi verdi smaglianti sulla testa e sul lato posteriore del collo; sopra l'occhio un tratto bianco spicca sul fondo scuro del capo. La parte anteriore del collo ed il petto sono di un bel bianco puro e fanno un contrasto stupendo sull'insieme scuro del corpo. Becco verde cupo; zampe brune.
Nella femmina predomina il bruno scuro, interrotto solo dal bianco del petto come nel maschio. Le penne sono però orlate con una lista più scura del fondo della livrea, ma poco sensibile. Becco nero; zampe bruno rossiccio.
Gli anatrotti Duclair nascono rivestiti di una lanuggine bruno e giallo come quelli della Rouen e si allevano con la massima facilità.
La Duclair tal quale ora la si conosce è un'anatra sempre di gran lunga superiore per volume a [20] quelle che generalmente vengono allevate nelle campagne.
Se i francesi vanno superbi della loro Rouen, attraversando la Manica troviamo degli allevatori che a loro volta incensano un'anatra per così dire nazionale, quantunque allevata intensivamente in qualche parte soltanto del paese, precisamente nel distretto di Aylesbury, benchè sia sparsa un po' dappertutto, e da esso trae il suo nome. Colà quasi tutti gli abitanti tengono un gruppo e si danno all'industria della produzione degli anatrotti, per venderli allorquando hanno otto a dieci settimane sul mercato di Londra che dista circa 80 chilometri, la qual cosa possono fare per la grande precocità della razza e grazie ai sistemi razionali d'allevamento.
L'anatra di Aylesbury pura è un animale aristocratico che ha bisogno di cure speciali non solo per esser conservata nella sua tipica purezza di razza, ma anche nella livrea candidissima, nel roseo becco, cose cui tanto tengono gli allevatori che espongono ed i giurati, naturalmente. Gli allevatori di campagna che si dedicano alla speculazione di cui ho parlato non vanno a cercar tanto il pelo nell'uovo, come si suol dire ed a certi caratteri di cui fanno sì gran caso i fanciers non fanno troppa attenzione; essi allevano questa razza perchè dà dei prodotti precoci, di un bel volume, di carne fina che vendono a buone condizioni, ciò loro basta.
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Vediamo dunque dapprima quanto valga l'Aylesbury sotto il rapporto del tornaconto tenendo presenti le pratiche in uso in quelle campagne inglesi.
Intanto, per ottenere una maggior rusticità che nella razza in parola non è la quantità prevalente, quegli allevatori non si fanno scrupolo d'incrociar l'Aylesbury con l'anatra di Pechino, la quale oltre alla precocità uguale di sviluppo, non è inferiore per volume quando non è superiore, ed infine hanno entrambi la stessa livrea bianca, d'un bel bianco argenteo l'inglese, di tinta tendente al giallino la cinese, ma questo non è un gran difetto per dei giovani animali votati al sacrifizio all'età di due mesi o poco più.
I riproduttori, contraddistinti da segnali a colori secondo se appartengono ad un proprietario piuttosto che ad un altro, sono lasciati in libertà e vanno a sollazzarsi nel corso d'acqua che generalmente attraversa il villaggio; giunta la sera, un po' come si pratica dalle nostre parti per le oche, i branchi, composti per lo più di un maschio con quattro o cinque femmine vengono sospinti verso le loro rispettive dimore; dove trovano una buona alimentazione ed un confortable alloggio in qualche baracca ben riparata od anche nella stessa abitazione famigliare.
In Dicembre, le uova raccolte si danno a covare a delle galline di grosse razze; queste le covano i soliti 28 giorni e dopo nati gli anatrotti rimangono sotto la chioccia fino a che siano ben asciutti e possano star in piedi. Dopo qualche giorno si riuniscono tre o quattro covate sotto una stessa chioccia ricoverata in qualche camera od entro una capanna con gli anatrotti, in gruppi di trenta o quaranta, separati [22] da divisori bassi in legno. Se ne vedono perfino due a tre mila nello stesso edifizio.
Non si lasciano mai andar all'acqua, si tengono ben asciutti e puliti su strati di paglia d'orzo;il loro nutrimento è composto d'uova sode schiacciate, mescolate con riso e fegato di vitello trinciato, distribuito parecchie volte al giorno durante quindici giorni, poscia con pastoni di farina d'orzo stemperata nell'acqua in cui si è fatto bollire del sego in pani e talvolta vi si aggiunge della carne di cavallo.
Le anatrine sono tenute continuamente nel rinchiuso dove però ricevono quanto nutrimento possono prendere, ed a loro disposizione trovano una vaschetta piena d'acqua con della sabbietta o piccola ghiaia che aiuta alla digestione degli alimenti. Ed ecco tutto ciò che occorre per produrre gli anatrotti da tavola precoci.
La muta incomincia verso l'età di dieci a dodici settimane;per cui ove si continuasse a mantenere uno di questi giovani animali dopo quest'età esso non guadagnerebbe altro in peso mentre invece perderebbe in qualità;l'utile dunque consiste nel mandarle al mercato verso le otto a dieci settimane d'età, poichè tenendole fino a sette od otto mesi, oltrechè sarebbero di qualità inferiore per la tavola, sono venute a costar assai più ed hanno per tal modo assorbito in beneficio. Il campagnuolo che agisse in questa guisa non conoscerebbe il proprio interesse ed ove si lamentasse che l'anatra non rende, meriterebbe un brevetto che nessuno di quei anatricultori ambisce.
Quest'industria è anche più profittevole se si considera che viene esercitata in un'epoca in cui i [23] lavori campestri lasciano ai coltivatori tutto il tempo necessario per dedicarsi all'allevamento degli anatrotti.
Ma ci sono anche tante persone che si preoccupano meno dell'utile ed allevano per loro piacere e talune in vista di vendere o di esporre i riproduttori ed i giovani allievi nello scopo di conseguire un certo lucro; è noto come in Inghilterra le esposizioni seguono le esposizioni e quanto sia facile ricavare dei prezzi elevati da animali perfetti;industria anche questa benchè di genere diverso.
I caratteri che si esigono per delle anatre Aylesbury da concorso sono i seguenti:
La testa deve parer forte ed esser diritta e lunga, l'occhio scuro, il becco lungo, largo, diritto, formante una linea quasi retta a partire dalla sommità del cranio; la lunghezza della testa e del becco nel maschio è di 16 centimetri circa, e di 14 centim. circa nella femmina; il colore del becco è bianco roseo o carnicino. Il collo è lungo, piuttosto forte, ben proporzionato, come spessore, al corpo. Il petto pieno e profondo; lo sterno ben diritto e forte. I tarsi ed i piedi sono forti e spessi, d'ossatura pesante e disposti in modo che il corpo abbia una posizione perfettamente orizzontale; il loro colore dev'essere arancione acceso.
Le dimensioni del corpo; il quale sarà il più voluminoso possibile, dovranno essere di 90 centimetri dalla punta del becco alla estremità delle dita, misurando il volatile disteso su un tavolo; peso da 4 chilogr. a 4,500.
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La femmina misurerà 2 centimetri meno del maschio ed il peso dovrà essere inferiore solo di mezzo chilogr. a quello del maschio.
Il piumaggio ha da essere bianco puro, senza macchia e sericeo tanto da rassomigliare a del raso ed averne il brillante e ciò sia nel maschio come nella femmina; il maschio ha il solito distintivo delle penne arricciate sulla parte superiore della coda.
I caratteri tipici della razza più difficili da conservare nella loro purezza sono la tinta argentea del manto ed il color rosa pallido del becco, quelli insomma che ne fanno un animale raffinato, delicato in certi particolari, aristocratico; la qualità degli alimenti può dare una leggera tinta giallognola al piumaggio ed al becco, ciò che costituisce un difetto, non ammissibile quindi in animali veramente scelti. Il niveo manto ed il becco roseo non si mantengono poi di certo per poco che l'acqua di cui si abbeverano o nella quale vanno a bagnarsi abbia un fondo di ghiaia limacciosa e dove entri qualche principio ferruginoso; gli abbeveratoi in ferro fuso vanno perciò proscritti. L'Aylesbury si potrà conservare nella purezza dei suoi caratteri assai più facilmente nel suo paese natìo ed in special modo grazie alle cure che l'allevatore appassionato od interessato può prodigarle.
E quando avremo detto che quest'anatra, oltre alla precocità, al volume, alla fetazione abbondante, produce una carne tenera, fine, bianca e con la sua bianca livrea delle piume ed un piumino apprezzati sovra ogni altra dai commercianti, parrebbe difficile dire ed ottener di più e meglio in fatto di anatre da prodotto e da sport insieme.
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Eppure qualcosa di superiore ancora all'Aylesbury, se non dal lato sportivo, da quello industriale lo si ha in quell'anatra che si ritiene provenga in diretta linea dal paese di Confucio, conosciuta però soltanto un mezzo secolo fa in Europa, mentre era già assai diffusa in America prima d'allora; anzi colà ha fatto tanta strada, ha preso tal predominio che i grandi stabilimenti di anatricoltura non tengono che la razza di Pechino.
Sull'Aylesbury benchè condivida il bianco piumaggio la Pechino ha il prevalente pregio di esser più robusta, oltre ad aver una precocità per lo meno uguale, volume e fecondità non inferiore. Il candore della livrea non ha la tendenza all'argenteo della [28] regina delle anatre inglesi, nella pechinese il bianco accenna al giallino dello zolfo ed in certi individui si avvicina debolmente al zafferano, ciò secondo il gusto degli allevatori per i quali la tinta più o meno gialla è questione di simpatia e di esperienze passionali.
Anche il portamento è diverso, orizzontale nell'Aylesbury è eretto nella Pechino, tanto che forma un angolo pronunziatissimo, e si direbbe che cerchi di prendere la posizione verticale come si ha nella Corritrice indiana; nel tipo primitivo quest'attitudine era anche più accentuata di quella degli individui che attualmente si vedono, in cui va perdendo alquanto della sua caratteristica.
I primi esemplari di questa preziosa razza, che, volere o volare, ha conquistato il primitivo posto nel mondo degli allevatori d'anatre, vennero in Europa verso il 1870 ed il Vander Snickt, il compianto allevatore e scrittore belga, morto pochi anni fa, ne acquistò in quell'epoca a Londra una coppia trovata su una nave proveniente dalla Cina dove era stata imbarcata pel servizio di tavola dei viaggiatori ma miracolosamente scampata al coltello del cuoco di bordo. Forse sfogliando i giornali inglesi di quel tempo si potrebbero conoscer meglio le origini e la data delle prime importazioni dall'Estremo Oriente o dall'America; ma questo non ha una grande importanza ciò che si può constatare è che ben pochi animali come questo si diffusero in Europa come l'anatra di Pechino.
Anche in Italia vennero ben presto in voga, e fin dal 1889 ne importai anch'io, ora non ricordo più di dove, una coppia, della quale potei subito osservare [29] ed apprezzare la fecondità straordinaria e la grande rusticità dei pulcini; le uova schiudevano tutte o quasi, gli anatrotti venivan su per incanto, cosicchè in poco più d'un anno possedevo un gruppo numerosissimo. Tenevo pure dei bellissimi Rouen ma questi rimanevano indietro assai per produzione ed anche per celerità di sviluppo, agl'infaticabili, ai precocissimi Pechino.
Come in Inghilterra, l'anatra di Pechino attecchì subito anche in Francia, in Germania; sembra che gli individui della prima importazione d'America fossero alquanto scadenti dal lato della carne, per cui gl'inglesi pensarono subito a modificar la razza mediante incrocio con l'Aylesbury; dal canto loro i tedeschi presero ugual misura incrociando con razze paesane. Simili modificazioni andarono, naturalmente, a detrimento di qualche carattere saliente del tipo originale, specie dal punto della posizione eretta, in cui il treno posteriore dell'animale poggia in terra, ma le altre prerogative della razza sono rimaste inalterate e se si è ottenuto il vantaggio della carne migliore, non c'è da rammaricarsi troppo dell'iniziativa degli allevatori europei.
Un'altra caratteristica speciale all'anatra di Pechino che non si riscontra nelle razze europee ma soltanto nella Muschiata del Sud-America è la criniera che dalla nuca scende al collo; ma anche questa è scomparsa completamente o quasi negl'individui che si vedono oggidì in Europa; l'assenza di quest'ornamento non è cagione di squalifica nè influisce menomamente sulle qualità preziose della Pechino, che sono parecchie.
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I diversi caratteri di quest'anatra sono:
Maschio: Testa assai voluminosa, fronte alta, occhio piccolo, nero, becco corto, color arancione, collo forte e lungo, con o senza criniera; dorso lunghissimo, in forte pendenza verso la coda eretta verticalmente; petto molto largo, ben arrotondato e profondo; zampe color arancione, poste molto indietro sul corpo, ciò che dà al volatile la posizione eretta speciale che lo caratterizza. Piumaggio di tinta giallina più o meno pronunciata. Peso quattro chilogr. a quattro e mezzo.
Femmina. Gli stessi caratteri del maschio, senonchè è di proporzioni qualche poco inferiori quindi anche di peso minore; non ha le penne arricciate alla coda che distinguono il maschio.
La femmina dà fra le 100 a le 120 uova all'anno senza interruzione; generalmente non cova e le sue uova, la cui incubazione dura da 28 a 30 giorni si danno a covare a galline od a tacchine nei piccoli allevamenti ed alle macchine nei grandi. Gli anatrotti nascono coperti da una leggera lanuggine giallina, e dopo un certo tempo si dà loro la via, usando per essi gli uguali riguardi riservati alle bestiole di altre razze per quanto nulla affatto più delicate, tutt'altro.
Riassumendo i vantaggi che presenta l'allevamento dell'anatra di Pechino, troviamo, oltre ad una fetazione non comune e precoce, poichè incomincia all'età di cinque o sei mesi, un rapido, precocissimo sviluppo degli anatrotti, unitamente all'attitudine a prender il grasso come in poche altre razze; rusticità stragrande, sia negli adulti come nei giovani, piumaggio bianco, soffice, abbondante, quindi commerciabilissimo, [31] carne eccellente e bianca. E con doti simili, universalmente riconosciute non c'è da meravigliarsi se l'anatra di Pechino si è imposta e dappertutto trionfa.
È l'ultima arrivata nell'agone, essendo stata creata sono pochi anni in Inghilterra e non senza ragione viene chiamata l'anatra dell'avvenire, poichè, come lo proclamava ancora recentemente un allevatore italiano nel Giornale degli allevatori, è per ogni riguardo raccomandabilissima: fattrice di primissimo ordine tanto d'autunno che d'inverno d'uova più grosse di quelle di gallina e di gusto delicato, con una media di 200(!) e più all'anno, produttrice di carne bianca, fina squisita, facile all'ingrassamento, refrattaria ad ogni malattia ed all'umidità sempre che sia tenuta a dormire in asciutto, l'Orpington compendia tutte le qualità migliori che si possano desiderare in un volatile domestico.
Per parte mia non avendone mai allevato nulla potrei dire che confermasse o menomasse i meriti attribuiti a quest'anatra, ma l'elogio riferito è condiviso, per quanto un po' vagamente da scrittori avicoli moderni quali il Pascal ed altri esteri; uno di questi ultimi pone in evidenza il fatto che in tutti i concorsi di produzione tenuti in Australia ed in America l'Orpington fulva è stata la sola concorrente seria dell'Indian Runner, di cui parleremo fra breve, con una media di 228 uova deposte da ognuna delle vincitrici.
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L'anatra Orpington detta pure Kaki per la sua livrea color fulvo tendente al marrone che ricorda la tinta dell'uniforme da campagna dei militari inglesi, proviene, a quanto pare, da un incrocio di Rouen chiare con corritrici indiane fulve, altri ritiene sia frutto di un miscuglio in cui sarebbero entrati, oltre la Corritrice, l'Aylesbury, la Rouen e la Cayuga; la «cucinatura» (adopero questo termine adatto al caso trattandosi del creatore della razza M.r Cook; quale orribile bisticcio anglo-italiano!) venne operata ad Orpington nello stesso feudo dove era stata creata antecedentemente la gallina divenuta così celebre. Che l'anatra Orpington sia il risultato di un lungo e multiplo lavoro d'incrocio è facile desumerlo dalla scarsa fissità di caratteri negli individui conosciuti, almeno fino a poco tempo fa; è raro il caso d'individui uniformemente fulvi, e che tali si riproducono regolarmente, di un fulvo caffè-latte o camoscio come sarebbe l'ideale; il bianco vien quasi sempre fuori e così anche si deve cercare che le macchie scure, ereditate dalle Rouen siano, massime nelle femmine, il meno possibile visibili. Negl'individui risultati dai primi incroci ve n'erano con livrea in cui la maggioranza delle piume era color grigio ardesia, ciò che farebbe dubitare che nella cucinatura cui ho alluso, entrasse allora il sangue dell'anatra Svedese, di cui si parlerà col seguito, mentre in altre il piumaggio era di tinta fulva; poco per volta questo tipo venne quasi abbandonato e quello adottato definitivamente e comunemente è quello Kaki.
E di questo sono le caratteristiche ammesse:
Maschio. Testa fina assai elegante, verde bronzato; [33] becco giallo più o meno arancione; il colore del capo si prolunga fino a quasi metà del collo. Dorso largo e lungo interamente fulvo come il petto che dev'essere ben sviluppato e carnoso; la tinta volge di nuovo al verde bronzato verso la parte posteriore del corpo. Coda dello stesso colore, piccola. Il piumaggio è più o meno contornato da una tinta più scura. Tarsi e piedi arancione.
Peso del maschio, 3 a 4 chilogrammi.
La posizione del corpo si avvicina alquanto a quella dell'Indian runner, la cui influenza si fa sentire come quella del Rouen nell'orlatura delle piume.
Femmina. Interamente color fulvo o kaki con una sottile striscia più scura sugli orli d'ogni piuma.
Becco giallo. Assenza del ciuffetto di piume ricciute al portacoda, prerogativa del maschio nelle razze europee. Atteggiamento come nel maschio.
Alle doti preclare di cui va adorno questo prezioso acquisto dell'avicoltura inglese, che già enumera, non va dimenticato di aggiungere che l'Orpington non richiede in modo alcuno l'acqua per bagnarsi e nemmeno è indispensabile per la fecondazione; l'Orpington è poi anche di carattere tranquillo, non è schiamazzatrice. Certamente, perchè dia il massimo rendimento ha bisogno di spazio ed i prati che sono per essa un soggiorno agognato, dove troverà da pascolare largamente con non lieve economia per l'allevatore, sono quanto di più indicato si possa procurarle; non per nulla scorre nelle sue vene il sangue dell'Indiana.
Secondo se si tratta di produzione d'uova e di riproduttori oppure di anatrotti precoci da consumo, [34] l'incubazione andrà fatta a partire dal Febbraio ed in caso diverso, nel Dicembre. Facendo covar le uova di Orpington nei primissimi mesi dell'anno, siccome le femmine incominciano là fetazione quando hanno sei mesi d'età, si otterranno delle uova nella stagione in cui generalmente le galline non ne dànno, e sono grosse uova eccellenti; inoltre gl'individui primaticci daranno dei riproduttori più robusti potendo svilupparsi durante i mesi migliori, preferibili quindi assai a quanti nati più tardi; ove, invece, si pongano le uova all'incubazione nel Dicembre gli anatrotti che nasceranno potranno già nel Marzo venir ingrassati, in un'epoca perciò nella quale i futuri pollastri pigolano ancora; gl'industriali inglesi scelgono appunto l'epoca suindicata per ingrassare le giovani anatre già sviluppate e robuste per mandarle al mercato.
L'alimentazione dell'Orpington non è nè più complicata nè più costosa di quella che si usa dare e che occorre a tutte le altre anatre da allevare per serio profitto e che ne meritano il conto. Inutile ripetere che avendo a sua disposizione una prateria, quest'anatra saprà ben trarne profitto per una buona parte della alimentazione, ma non bisogna basarsi unicamente su questo genere di nutrimento, che va corroborato con dei buoni pastoni nei quali l'elemento carneo non venga trascurato, sangue cotto, ritagli, farina di carne e di pesce, panelli tritati, misti a crusca e farina grossolana, trifoglio fresco o secco, cavoli ecc. ecc., tutto il solito corredo insomma d'ingredienti senza del quale anche l'anatra della miglior razza dà solo una meschina produzione e tende a degenerare.
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Per finire, se la Pechino è un'anatra straordinaria, la Kaki Orpington è una competitrice seria che in alcuni casi e date certe circostanze può non solo rivaleggiare ma anche sorpassare, ma non credo riuscirà mai a soppiantare la figlia del Celeste Impero, non foss'altro per la questione della selezione sempre assai più difficile in una razza formata com'è quella del noto allevatore inglese in confronto ad una da gran tempo fissata qual'è la semplice, popolare, pechinese.
Ecco l'anatra che si può chiamar la Leghorn delle anatre, quanto dire, cioè, la miglior fetatrice di tutte quante si conoscono, e come si è visto testè a proposito dell'Orpington, pare abbia trasfuso in quest'ultima l'ammirevole qualità di straordinaria fetatrice che la rendono tanto preziosa per chi la possiede, e può allevarla; ma come succede per la regina delle produttrici d'uova qual'è la gallina italiana, il volume è deficiente, il suo peso non oltrepassando i due chilogrammi, la carne è tuttavia ottima.
La Corritrice viene dall'India e quantunque non sia conosciuta da ieri in Europa, i primi esemplari essendo stati importati in Inghilterra or è assai più di mezzo secolo, da pochi anni soltanto ha attratto su di sè l'attenzione degli avicultori inglesi, per la sua incomparabile produzione superiore assai a quella delle migliori galline, trattandosi comunemente di 200 a 250 uova all'anno, e la sensibile precocità sua, doti entrambe in sommo grado apprezzabili. Un allevatore [36] inglese asserisce di aver fatto schiudere in Marzo delle anatrine di questa razza e queste avevano già incominciato a far uova nel Luglio successivo, continuando durante alcune settimane, dopo di che entrarono in muta, per riprendere verso S. Martino (11 Novembre) e seguitarono quasi tutto l'inverno malgrado il gelo e la neve.
La sua attività nel gettarsi alla ricerca d'insetti, di lumache che va a scovare perfino nei loro nascondigli ha procurato a questo singolare palmipede, pel quale, fra parentesi, l'acqua è un elemento affatto inutile se non per dissetarsi, l'appellativo di Indian Runner, Corritrice Indiana, non essendosene trovato uno migliore per qualificare la propria irrequietezza e l'origine. È curiosa da osservare quando cammina, non si dondola come le altre anatre ma trotterella, fa dei passettini corti, corti, svelta come un topo. Come nella Pechino, ma anche molto più pronunziata, è la posizione del suo corpo; esso è quasi a perpendicolo, formante un angolo di circa cinquanta gradi col suolo, press'a poco come in quello strano palmipede selvatico dalle ali a moncherino che è il pingoino.
La Corritrice Indiana è rusticissima, ha il difetto di essere piccolina, ma la sua carne è ottima, fina, saporitissima, non adatta però per l'ingrassamento. I piccini sono robusti, si allevano facilmente e crescono in minor tempo ancora dei Pechino, al punto che sono mangiabili un mese prima di questi ultimi; solo è questione di volume.
Tutto sommato quest'anatra ha dei numerosi punti buoni al suo attivo e nel momento attuale è [37] molto più in voga presso gli allevatori inglesi di quanto lo sia la nazionale Aylesbury; la sua rusticità, il quasi nessun costo della alimentazione, la fetazione inarrivabile ne fanno un volatile d'infinito valore; le uova, anche d'anatra, sono oggidì un prodotto così stimabile che val la pena di occuparsi seriamente d'una fattrice tanto sublime e ciò succede così infatti colà dove l'interesse va quasi mai scompagnato dal dilettevole; se, almen lo si comprendesse anche da noi!
Il piumaggio della Corritrice è bianco e fulvo, più o meno scuro; le macchie di color fulvo si presentano con notevole regolarità, il fulvo partendo dalla guancia contorna l'occhio, ricopre la sommità [38] del capo e scende fino ad un certo punto del collo, dove la piuma è bianchissima; dalla base del collo all'origine delle ali il fulvo si estende comprendendo l'intero torace e si prolunga in punta sulla schiena, poi il bianco riprende, copre le ali e il ventre, quindi il fulvo riappare sul dorso verso il treno posteriore.
La Corritrice Indiana ha gli occhi posti molto in alto, ed il becco non deve far angolo di sorta col cranio, ne è come la continuazione; una conformazione diversa è indizio d'incrocio. Il lungo collo, finissimo, si allunga poi a dismisura durante il periodo della fetazione, che non è breve.
Nascendo l'anatrotto della Corritrice ha il becco verde e giallo, e questo diventa completamente verde soltanto allorquando il volatile ha compiuto l'anno. Le zampe sono nei due sessi di un bel giallo arancione.
Nello stesso modo che al tacchino, importato dall'America del Nord furono dati più e diversi nomi allorquando venne conosciuto nelle diverse parti d'Europa, anche l'anatra venuta dall'America Meridionale ricevè svariate denominazioni: anatra di Guinea, indiana, turca, di Barberìa, tutte, meno la più semplice, la giusta, quale sarebbe stata quella Sud-Americana, ma era forse... troppo lunga!
Pare che dopo la scoperta del Brasile verso la fine del 1400 — arrivarono in Europa dalle nuove terre numerosi campioni dell'originale palmipede che viveva colà allo stato selvatico; presto venne diffusa [39] in Francia dove, disse lo scrittore Belon (1555), era conosciuta col nome di grossa anatra di Guinea e, secondo lui con quello di Anas lybica, mentre ora con lo stesso criterio cervellotico, la si designa colà col nome di anatra di Barberìa. Successivamente diventò, con termine scientifico nuovo: anas moschata e Linneo le appioppò il dilettevole battesimo di anas facienuda papillosa; ma oltre ai diversi termini consacratile dai naturalisti e dal volgo, a quest'anatra fenomenale fu dato ancora un nome, giustificato forse più degli altri, qual'è quello di muta per significare che va priva, fortunatamente pel comune dei mortali, di quel suono nasale che esce dalla gola ed è comune a tutte le anatre europee, suono sostituito da una specie di sibilo represso, caratteristico di quest'anatra.
Nè ancora è finita la terminologia poichè il grosso palmipede Sud americano vien chiamato nello stesso suo paese d'origine, il Brasile, semplicemente patos forse perchè è quasi grossa quanto un'oca, e... potrei continuare.
Oltre al suo mutismo, quest'anatra ha ancora certi caratteri speciali alla razza, quali sono: una membrana carnosa, rossa, su ognuna delle guancie, una piccola caruncola sulla parte superiore del becco, la mancanza nel maschio, e ben inteso anche nella femmina, del ciuffetto di piume ricurve sulla coda, la tendenza a volar sugli alberi e sui tetti, come allo stato selvatico, e di appollaiarsi sui bastoni in compagnia dell'altra gente alata invece di dormir in terra come fanno le anatre in generale, e finalmente la presenza di alcuno glandole nella parte caruncolata [40] e nel coccige, le quali secretano una sostanza dall'odore del muschio, e da ciò il termine di «muschiata» che, fra gli altri vien dato a quest'anatra sui generis. È già stato fatto osservare che la durata dell'incubazione per le uova della muschiata è più lunga di sette giorni e cioè di 35 invece di 28; anche questa è una sua particolarità.
L'anatra muschiata è la più terrestre di quante esistano; essa non sente menomamente il bisogno dell'acqua, per bagnarsi le basta quel tanto che le occorre per bere, e ciò è assai importante per l'allevatore, e nemmeno la richiede per l'atto della fecondazione come invece è tanto necessaria alle anatre d'ogni altra razza. La lubricità del maschio se non uguaglia quella del gallo e del tacchino, non è molto dissimile; ad ogni modo è sempre maggiore che in altre razze; oltre a fecondare tutte le compagne che si trovano a sua portata, rincorre talvolta le galline; ond'è che si può essere sicuri che anche tutte le femmine comuni daranno delle uova fecondate dal maschio ardente.
La muschiata allo stato selvatico è un animale dalle forme voluminose ed assai sviluppate, di un buon terzo superiore a quella addomesticata, la quale costituisce però sempre un volatile di fortissime proporzioni; Teodoro Pascal asserisce di aver ottenuto dei maschi lunghi 80 e più centimetri e di oltre 5 chilogrammi e delle femmine di 70 centim. di lunghezza, pesanti più di 4 chilogr. Con una diligente selezione fra i capi più grossi che si trovano negli allevamenti rustici della bassa Italia sarebbe possibile [41] raggiungere negl'individui domestici quasi completamente il volume della muschiata selvatica.
La livrea di quest'ultima è nera con riflessi verdi e con qualche piuma bianca alle ali; ridotta a domesticità la muschiata selvatica ha subìto dei cambiamenti specialmente nel piumaggio, in cui il bianco ne ha invaso gran parte e poi tutto il corpo, talchè vi sono individui di questa razza completamente bianchi. Quelli che popolano i nostri cortili sono ora neri con macchie bianche più o meno pronunciate, ora con manto bruno, oppure grigio, irregolarmente pezzato; è insomma un miscuglio, che del resto nulla toglie ai meriti del grosso palmipede. Per conservare o per ottenere la livrea tipica della selvatica occorre una attenta selezione degli individui dal piumaggio a fondo nero con riflessi verde bronzati.
La diversità di colorazione della livrea e certe sfumature di tinte che si ricercano in altre razze hanno un'importanza molto secondaria; non è nè è mai stata un'anatra da sport, ma unicamente da prodotto e su questo terreno si sente padrona. Oltre ad essere per sè stessa grandemente apprezzabile pel suo volume, per la sua rusticità, essa trasmette queste doti così importanti ai prodotti d'incrocio con femmine comuni e quelli poi ottenuti dall'accoppiamento del maschio sud-americano con femmine di razze scelte quali la Rouen, l'Aylesbury, la Pechino sono straordinarie per mole come per attitudine a prender il grasso. Simili incroci si praticano da tempo nella Francia, dove i prodotti vengono chiamati mulards perchè non atti alla riproduzione, ed in Australia.
Il difetto dell'odore di muschio di cui si fa colpa [42] a quest'anitra, che del resto, è facilmente riparabile, non è mai quello che dovrebbe far rinunziare ad allevar un volatile tanto vantaggioso; esso non è punto pronunciato negl'individui che si macellano assai giovani, le glandole secretanti tale sostanza non essendo puranco spuntate; per gli adulti, poi, è sufficiente aver la precauzione di mozzar loro il capo per sacrificarli invece di usar qualsiasi altro sistema ed in pari tempo asportar il coccige, sedi entrambi dell'incriminato malodore, il quale, d'altronde, ben poco si comunica alle altre parti del corpo degli adulti.
L'anatra muschiata è una fetatrice buonissima se non eccellente; la sua fetazione che incomincia nel Gennaio è di 60 ad 80 uova, in alcuni individui arriva anche a 100, in tre volte nell'anno; le uova di forma oblunga o quasi tonda, di color verdastro pesano da 85 a 90 grammi e vengono covate assiduamente dall'anatra stessa, ma come al solito, si preferisce affidarle ad altre chioccie.
Le anatrine non hanno bisogno di cure speciali, si allevano con la massima facilità e crescono in poco tempo; naturalmente, come tutti i volatili di forte volume necessitano di un nutrimento sostanzioso ed animalizzato, l'acqua da bagnarsi è un lusso di cui non solo si può ma anzi si deve privarla, che per tal modo le carni riusciranno più fini e delicate.
Come abbiamo visto l'anatra muta o muschiata ha per sè stessa dei meriti incontestabili che vengono tuttavia utilizzati per comunicarli ad individui deficienti di razza diversa ma più generalmente di razza comune; gl'ibridi che come s'è detto non sono fecondi accoppiati con maschi di razze pure, danno prodotti che [43] riacquistano la facoltà della fecondazione. Negl'incroci si adopera quasi sempre il maschio della muschiata che può fecondare un gran numero di femmine ed i prodotti risultano assai migliorati; ove si procedesse in senso inverso, i risultati sarebbero anche superiori per volume, essendo legge di natura che i caratteri del maschio si trasmettono alla generazione successiva nelle forme e nei colori del piumaggio, mentre la femmina dà il volume; ma è questa una materia per degli studi ed esperimenti che richiedono modo, tempo e passione di dedicarvisi; il campagnuolo e l'industriale ricercano il buono bensì, ma economicamente ottenuto e di questo si accontentano, senza, preoccuparsi del meglio.
Il Belgio quella industriosa nazione che tanto ha fatto anche in pro' del suo allevamento, dal quale sono usciti dei prodotti oltremodo interessanti quali il Malines ed il Gigante di Fiandra, fra gli animali da cortile non poteva trascurare i palmipedi, attraversato come è il proprio suolo da numerosi corsi d'acqua. Vi troviamo colà alcune razze di merito, per quanto non si elevino molto al disopra del comune e siano destinate a non oltrepassare i confini dello stato, ma che tuttavia sono degne di una speciale menzione fra le anatre da prodotto.
La principale è l'anatra di Merchtem, la quale trae il suo nome da quello stesso paese già celebre per l'allevamento e l'ingrassamento, del Coucou de Malines; [44] e la razza locale selezionata e migliorata al punto di farne un volatile pregevolissimo. È una razza rustica, buonissima riproduttrice, d'un bel volume, che dà una carne bianca, come interamente bianca è la livrea senza riflessi crema; il becco è bianco rosato ed i piedi giallo-cromo.
Un'altra razza belga è la La-Plaigne, un po' meno voluminosa della Merchtem, della quale ha tuttavia tutte le buone qualità. Il primitivo tipo della La-Plaigne era grigio con tendenza al fulvo ed al nero, ma con successivi incroci e selezioni, se n'è aumentato il volume ed ottenuto un tipo perfettamente bianco.
Alle Esposizioni internazionali di avicoltura tenutesi a Torino nel 1911, ebbi campo di ammirare delle bellissime anatre presentate dal «Club du canard de Forest»; erano le sole rappresentanti delle varie razze anatrine belghe a quella grandiosa mostra e venne loro conferito un primo ed un secondo premio. L'anatra di Forest è semplicemente l'anatra di Termonde, varietà della Merchtem, migliorata e perfezionata da un intelligente e competentissimo allevatore, M. Bertrand, il quale ne dà la descrizione nei termini seguenti:
L'anatra di Forest è uniformemente bleu grigio cenere, senza bianco nè fulvo in nessun punto; ogni penna è orlata di una striscia di color più scuro come nel piumaggio della gallina Andalusa; la testa e la parte posteriore del collo sono nero fuliggine non rilucente; i piedi sono brunastri, il becco è nerastro per i primi due terzi e grigio piombo od oliva in punta: l'occhio è nero.
Gli anatrotti si allevano assai facilmente e sono [45] molto precoci; la carne è bianca e tenera, assai fine. Le femmine sono molto buone produttrici d'uova, chioccie esemplari tanto nel covare come nello allevare i piccini.
Nel paese di Elve esiste pure un'anatra propria come v'ha la gallina, più conosciuta generalmente del palmipede; ma non è il caso di occuparcene, non essendone ben definiti i caratteri.
Ritengo che il numero degli allevatori di quest'anatra in Italia sia molto esiguo; è un animale che nella livrea si avvicina probabilmente al bleu di Forest testè accennato e che non manca di qualità intrinseche, ma l'Orpington dello stesso manto bleu grigio ardesia che per uniformità di colore ed anche per volume supera la Svedese presenta ben maggiori vantaggi al suo confronto perchè non sia preferibile.
C'è motivo di ritenere la Svedese il prodotto d'incrocio fra l'anatra comune tedesca con un grosso Rouen, non di tipo inglese, scuro, oppure con un Duclair, bensì col normanno chiaro isabella dalle penne con orlatura appena visibile; dal connubio derivò un'anatra con livrea pallida o grigiastra, un po' meno grossa della Rouen ma con l'ugual buona carne. Con la selezione si sarebbe ottenuta la tinta bleu ardesia della gallina andalusa. La definizione suddetta sarebbe dovuta ad un giornale americano ed un allevatore del Connecticut non ha esitato a proclamarne i meriti superlativi assicurando che in un esperimento [46] fatto su delle anatre di Pechino, di Cayuga, di Aylesbury, delle Rouen, delle Muschiate e delle Svedesi queste ultime riportarono la palma, riuscendo le più grasse, le meglio provviste di carne, le più attraenti fra tutte.
Sono molto probabilmente delle lodi interessate delle informazioni difficilmente controllabili; ma se tante virtù fossero proprio l'appannaggio della razza come mai questa avrebbe fatto così poca strada? eppure non è nata jeri.
L'anatra svedese ha conservato le forme della Rouen ma è meno grossa; è grigio-bleu meno che nella parte interna del collo e nel petto dove è bianca; le zampe sono arancione scuro o grigio cupo; il becco è verdastro. Come in tutti i prodotti d'incrocio, per conservar il tipo, occorre una selezione costante.
Cittadina americana del Nord, dove vive ancora allo stato selvatico, è molto apprezzata come anatra domestica per le sue eccellenti qualità di produttrice d'uova e di carne, quantunque sia questa un po' scura e ricoperta di pelle gialla. Si tratta di una Labrador ingrossata per selezione oppure di una razza a parte realmente? Il sentenziare in modo assoluto sarebbe forse un po' troppo rischioso, tanto più che gli autori non sono tutti d'accordo, ma la Cayuga è incontestabilmente un bello ed utile palmipede voluminoso quasi quanto un Rouen od un Aylesbury, facile da allevare, rustico e precoce.
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Il piumaggio del maschio, completamente nero, vellutato, con riflessi metallici verdi sul corpo, specialmente sul capo, becco verdastro, zampe arancione scurissimo. Porta sulla coda lo stesso ciuffetto di piume arricciate delle anatre discendenti dal Germano reale. La femmina ha la stessa livrea del maschio; dà delle uova color verde cupo.
Nel complesso è un volatile utile e simpatico che può star bene tanto presso l'industriale come nel parco signorile.
Grazie alla robustezza della sua costituzione fisica l'anatra non ha bisogno, come alloggio notturno, di un locale con disposizioni complicate e si adatterà a quello qualunque che le verrà preparato pur che la condizione essenziale sia l'aereazione e dove trovi un giaciglio pulito; un ambiente senz'aria mal tenuto, infetto, è sempre la causa principale se non unica delle malattie alle quali, malgrado la sua vigoria, l'anatra può soggiacere.
Chi alleva diverse specie di volatili deve dare un alloggio separato ai palmipedi, i quali non possono appollaiarsi e dormendo in comune con galli, galline, tacchini ecc. ricevono nella nottata sul dorso e sulla testa i copiosi risultati della digestione dei sovrastanti pennuti. Questa promiscuità in uso nelle masserie non dov'essere praticata da quanti hanno a cuore di conservar puliti ed in buona salute i propri palmipedi, anatre ed oche; un'eccezione si può [48] fare per le muschiate le quali hanno l'abitudine di volare e dormir sui bastoni come i gallinacei.
La modesta abitazione dell'anatra consisterà in una specie di tettoia chiusa, formata mediante quattro telai in legno, di cui due di legno pieno e gli altri due saranno muniti di rete metallica a larga maglia, non troppo però ad evitare che animali da preda possano penetrar nel rinchiuso durante la notte. Questi quattro telai, congiungibili a mezzo di gangi ed appoggiati a regoli di legno infissi nel terreno formano un insieme che permette di smontare il piccolo edifizio e trasportarlo altrove ogni qualvolta ne sia sentito il bisogno; naturalmente, occorre anche un tettino, ed è perciò che i due telai laterali andranno foggiati a pendio, e quello anteriore un po' più basso del telaio di fondo per alcuni centimetri. Così, supponendo di dover dar alloggio a dodici individui, un metro e mezzo o due di lunghezza ed uno e settantacinque centimetri di profondità sono sufficienti; altezza del telaio davanti m. 0.75 e di quello di dietro m. 1.30. L'inclinazione del piccolo tetto è quella occorrente per lo scolo delle acque piovane, poichè per quanto sia un uccello acquatico l'anatra ha bisogno di un alloggio asciutto, l'umidità del dormitorio essendo assai pregiudizievole alla sua salute. Il tettino andrà ricoperto con cartone incatramato o con altro sistema che impedisca all'acqua di penetrare e sul suolo dell'asilo notturno si spanderà della paglia o della segatura di legno e meglio ancora, ove si possa averla, della polvere di torba, assorbente e disinfettante per eccellenza; la [49] vallonea di cui si servono i conciatori di pelli può ancora servire benissimo.
Lo strato di paglia o di altro ingrediente andrà spesso rinnovato, perchè con le deiezioni liquide dei palmipedi in poco tempo viene a formare una materia vischiosa poco igienica. Negli angoli del casotto si dispongono dei nidi dove le femmine andranno a deporre.
Le indicazioni date sono per semplice norma di chi volendo impiantar un piccolo allevamento desidera un consiglio, una guida, chè, del resto, qualunque locale è buono, a condizione soltanto che sia sano, dove l'aria circoli liberamente, senza tuttavia dar luogo a correnti pericolose ed infine sia sempre tenuto ben pulito.
Per le anatrine allevate sia da madre naturale come artificialmente, occorre un casotto a parte, delle forme approssimativamente uguali a quelle descritte, ma di dimensioni proporzionate alla quantità degli allievi che vi si destinano e per questo, la pratica insegna; i telai pieni possono però esser tre invece di due soli. E così ancora, se nella stagione buona, si cambieranno i telai pieni con altrettanti a maglia di fil di ferro zincato, la salute dei ricoverati se ne avvantaggerà maggiormente.
Le anatre domestiche possono quasi completamente far a meno d'acqua per bagnarsi; i giovani destinati al precoce sacrifizio non devono averne che per bere, mentre ai riproduttori giovani od adulti la costruzione di un piccolo bacino è sempre consigliabile; i primi acquisteranno maggior vigorìa di muscoli ed uno sviluppo più rapido mentre le uova prodotte [50] da femmine adulte che godono del benefizio dell'acqua conterranno dei germi più vigorosi e saranno più facilmente fecondate, l'atto d'accoppiamento facendosi meglio dai palmipedi sull'acqua che non sul suolo; gli anatrotti prodotti da germi robusti riusciranno conseguentemente meglio costituiti.
Il bacino scavato nel suolo andrà, ben inteso, cementato tanto nel fondo che sulle pareti ed in leggero pendìo, onde poter cambiare di frequente l'acqua e più agevolmente; esso dovrà aver i bordi a fior di terra perchè gli animali vi possano accedere facilmente e sortirne senza dover fare degli sforzi. Per dieci o dodici adulti un bacino largo un metro e venticinque centimetri e lungo altrettanto o poco più è sufficiente.
Il liquido elemento oltre a giovare alla salute offro loro il mezzo di tenersi più pulite e ciò conta anche per qualcosa. Chi poi ha la fortuna di poter mandare le sue anatre ad un ruscello od a qualche stagno vicino, avrà pure il vantaggio di una qualche economia nell'alimentazione, chè i suoi pensionati troveranno nel fondo del rivo o dell'acqua stagnante una infinità di animalucci e d'insetti che ne formano la microscopica popolazione.
Prima di terminar il capitolo riguardante l'abitazione mi cade in acconcio di dir due parole sugli escrementi che si raccolgono nell'abitazione stessa e sul loro valore, il quale non va esagerato ed è anzi per questo motivo che reputo inopportuno far materia d'un capitolo speciale l'argomento in questione.
Lo sterco delle anatre deposto durante la giornata [51] sul suolo dei recinti dove stanno rinchiuse giova assai a concimarlo e facendo l'operazione di vangar il terreno, come consigliato, di tanto in tanto, questo conterrà ottimi elementi per la pronta e vigorosa vegetazione. Quello risultante dal soggiorno degli animali nella baracca o nel locale in cui dormono, e che, naturalmente, sarà in quantità minore dell'altro prodotto nel giorno, associato a dei buoni elementi come la vallonea e la torba in polvere produrrà un concime buonissimo. Secondo il Blanchon, il concio dell'anatra in confronto a quello del cavallo contiene una quantità assai maggiore di fosfato (14. contro 2.1), d'azoto (10. contro 4.5), di calce (17.5 invece di 5.7), di sodio (6.5 invece di 1.5) ed una maggioranza anche per gli altri principii quali la magnesia, la potassa; la proporzione dell'acqua è invece inferiore, 556 nelle deiezioni anatrine e settecentodieci in quelle equine.
In sostanza il concime prodotto dagli escrementi del nostro palmipede mescolati a qualche materia come quelle indicate, compreso il gesso e la sabbia, o la sansa, ha un certo valore e mal si agirebbe non apprezzandolo come merita; orticoltori, giardinieri, agricoltori lo stimano e se ne valgono; essi però si guardan bene dall'adoperarlo collo stato puro; ben sapendo come in tali condizioni, invece di fertilizzare il terreno, brucierebbe le piante.
Noi sappiamo che l'anatra è dotata, generalmente, di un appetito formidabile, per saziar il quale ogni [52] alimento si può dire è buono ed accetto golosamente, ben pochi hanno la disgrazia di far torcere il loro becco; e siccome la digestione si compie in misura straordinariamente rapida ed agevole, così ne viene di conseguenza che dopo il pasto ha più fame di pria; e per la sua facilità di assimilazione tutto ciò che mangia le fa prò, quindi cresce e si sviluppa presto e bene.
Nutrire convenientemente un'affamata simile, costituisce, e ciò è spiegabile, il problema principe dell'allevamento; su tal punto culminante è richiamata quindi l'attenzione di chi deve provvedere a risolvere il problema di non sempre facile soluzione per quanti hanno molti capi da mantenere.
Il genere, la natura, il valore e la quantità degli alimenti dovono necessariamente differire secondo l'età e lo scopo al quale gli animali sono destinati, e le anatre, qualunque sia l'età e lo scopo, mangian sempre bene e volentieri, ma è evidente che a dei giovani i quali hanno solo, davanti a sè, pochi mesi di vita e che debbono raggiungere in breve tempo il necessario sviluppo, non si dovrà dare la stessa nutrizione che conviene a dei futuri riproduttori o a degli adulti in produzione. L'alimentazione andrà pure modificata secondo l'epoca dell'anno, aumentandone il valore nei momenti della fetazione o della muta delle penne, riducendola ai minimi termini nel periodo di riposo finalmente, la razione d'ingrassamento andrà pure costituita in modo diverso dalle altre. Tutto ciò è abbastanza logico perchè sia necessario spiegare e giustificar ampiamente.
A noi risulta altresì che l'anatra selvatica dalla [53] quale deriva la maggior parte delle anatre domestiche conosciute si nutre sopratutto di cibi animali, vermi di terra, lumache grosse e piccine, insetti di terra e d'acqua, ranocchi formati od allo stato di girino od altri animalucci consimili; nè diversa è l'alimentazione delle anatre d'oltre Oceano ora addomesticate; grandi e piccine seguono tutte lo stesso regime a base animale ed è su questo principio che dovrebbe esser impostato il sistema di nutrizione se volessimo uniformare l'alimentazione delle nostre anatre a quella dell'anatra selvatica. Ma se ciò non è rigorosamente necessario, neanche il principio in questione va negletto; noi possiamo in parte modificare il regime sostituendo a dei cibi animali diversi altri che l'uguagliano in valore, in cui l'elemento azotato nella formazione delle razioni per giovani ed adulti sia essenzialmente curato.
L'ideale dell'alimentazione anche dal lato economico sarebbe quello preconizzato e descritto dall'Espanet, il quale consiste nello scavare di fianco ad un corso d'acqua, ad una data distanza fra di esse, tante fossette, profonde un metro circa, larghe in proporzione degli animali che si allevano, in cui s'introduce dell'acqua lasciandovela stagnare per qualche giorno; quindi si permette alle anatre di andare a nutrirsi degl'insetti e delle erbe acquatiche che popoleranno la prima fossa, l'indomani si fanno passare alla seconda fossa poi ad una terza e così via via per ricominciar quindi dalla prima che nel frattempo avrà avuto campo di arricchirsi di una nuova colonia di animaletti e di piante, continuando usque ad finem nella manovra semplice ed economica.
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Il metodo sarebbe certamente da adottarsi se non che ritengo ne sia data a pochi l'applicazione, e d'altro lato, se può convenire per i riproduttori formati e da formarsi, non è così per i giovani destinati al precoce sacrifizio ai quali l'acqua dev'esser negata ed il regime alimentare va dato sotto una forma speciale; e neppure sarebbe adatto ad ottener buoni effetti nell'ingrassamento.
Lasciando da parte pel momento il regime per gli anatrotti di cui ci occupiamo nel capitolo riguardante il loro allevamento, passeremo succintamente in rivista le principali sostanze azotate da far entrare, per quanto possibile nella formazione del pastone per gli adulti nell'epoca della fetazione e che associate alla crusca di frumento o di gran turco costituiranno la base della loro alimentazione. Esse sono: sangue fresco o cotto, sangue melassa, ossa fresche raspate a macchina, scarti di carne di bue, di cavallo o d'altri animali, farina di carne, farina di pesce, crisalidi di bachi da seta, lumache pestate, maggiolini, cavallette ecc. ecc.
A queste sostanze animali se ne aggiungono altre d'origine vegetale che completano il sistema alimentare delle anatre, fra cui diverse leguminose ricche in azoto come il trifoglio, ad esempio; vengono poi i panelli di cocco, d'arachide, di mais, i residui di distilleria e di fabbriche d'amido, di paste alimentari, di birra ecc.
Quali di questi ingredienti siano rinvenibili da noi, in questi momenti sopratutto, non è facile asserire; si indicano teoricamente per una guida; l'allevatore deve poi cercarne l'applicazione secondo le sue [55] facoltà l'ubicazione, la maggior o minor facilità e convenienza di procurarseli. Nei paesi dove l'allevamento dei volatili domestici è ben compreso ed esercitato, per quanto i prezzi attuali dei cibi siano elevati, c'è sempre la convenienza nell'esito dei prodotti a larghe condizioni, ma havvi anche la facilità di procurarsi un po' di tutto, incominciando dalla farina di carne e da quella di pesce, quindi tutto il resto, quale viene annunciato dai giornali di avicoltura; nel nostro paese invece buona parte di tali sostanze sono introvabili, non vi si fabbricano perchè l'avicoltura è ancor sempre troppo negletta, quindi nessuno si occupa di mettersi a far dei prodotti che non verrebbero ricercati e d'altra parte l'importarli dall'estero non è neppure conveniente causa l'enorme spesa di trasporto, dogana, cambio ecc.; e se qualcuna di queste materie è possibile avere, il prezzo è tale che pochi si sentono la volontà di acquistarne.
Esaminiamo quelle un po' meno rare, più facili da procurarsi o che è possibile fare da noi stessi.
Il sangue di macelleria fresco sarebbe un ingrediente utile senonchè oltre alla manipolazione non molto gradevole, si corrompe in poco tempo; perchè si conservi un po' meglio convien farlo cuocere insieme a dei farinacei e distribuirlo così ai volatili, ai quali tuttavia ripugna un po' dapprincipio, od ancora disseccarlo, che in quelle condizioni dura alquanto più a lungo. Si getta il sangue accagliato entro acqua bollente cui si aggiunge una cinquantina di grammi d'acido borico, lasciandovelo quindici o venti minuti, e quando è un po' consistente lo si divide in fette sottili che si fanno seccare al fuoco o in una [56] stufa. Una volta queste ben secche, si polverizzano con un macinino qualunque o con un trinciacarne.
Quando è possibile procurarseli a buone condizioni, gli scarti di carne di cavallo che si fanno cuocere, tanto più se lasciano desiderare dal lato della freschezza, sono preferibili al sangue.
Le crisalidi dei bachi da seta, ricchissime in principii azotati sono molto ben accette, tritate e miste ai pastoni, a tutti i volatili, ma hanno l'inconveniente di esalare un puzzo disgustoso, che comunicano alle uova; è bensì vero che quelle d'anatra sono quasi sempre riservate per la riproduzione, e l'inconveniente lamentato non ha quindi alcuna conseguenza temibile; del resto lo si eliminerebbe sospendendo l'uso delle crisalidi per quindici o venti giorni allorquando s'intendesse servirsi delle uova pel consumo. Inoltre per averle a condizioni favorevoli bisogna abitare non troppo lontano da qualche filanda senza di che il trasporto renderebbe subito troppo oneroso il costo di tal mercanzia. Altrettanto va detto per i residui di birreria, delle distillerie, fabbriche di pasta ecc.
Le ossa fresche, contenenti 25 a 30% di materie azotate e circa il 60% di fosfato di calce sono quanto di meglio si possa desiderare ed usare, pure o mescolate nei pastoni, tanto per lo sviluppo degli allievi quanto per la fetazione delle femmine come ancora per contribuire all'acceleramento della muta delle penne; il valore delle ossa fresche è molto superiore a quello delle ossa calcinate che contengono soltanto del fosfato di calce, ma per utilizzarle è indispensabile ridurre le ossa, siano esse di bue, di vitello, di montone, in modo che possano venir consumate dai [57] volatili e ciò si ottiene con l'uso di una di quelle macchinette, dette trincia-ossa di fabbricazione americana od inglese in cui un congegno ben ideato permette di ridurre le ossa ad un mucchio di sottili scaglie aventi la forma dei trucioli che si ottengono piallando il legno. I volatili afferrano col becco queste laminelle con tutta facilità e le ingoiano, siano allo stato naturale od introdotte nei pastoni di crusca e farina, con loro grande profitto. Non v'è miglior agente di abbondante produzione d'uova, di sviluppo di vigoria ed in pari tempo economico, giacchè le ossa costano relativamente poco. È la spesa del trincia-ossa che riesce alquanto gravosa nei momenti attuali, ma che cosa non è caro ormai? tuttavia essa viene assai presto e largamente rimborsata dal profitto che se ne ricava nell'invigorimento degli animali e nell'ampia messe di uova che con altri mezzi difficilmente si otterrebbe.
Gl'insetti quali i maggiolini, le cavallette, e poi i lombrici, le lumache, le quali vanno distribuite pestate, non costano che il fastidio di dar loro la caccia, ma non tutti hanno modo e tempo di dedicarvisi, e poi, d'inverno è quasi impossibile trovare simile elemento azotato, se poi il branco di animali che si mantiene è tan si poco numeroso l'impresa diventa irrealizzabile; beato chi può occuparsene od ha mezzo d'incaricar qualcuno di farlo. A tal proposito, si legge accennato nell'eccellente opera del Brechemin sull'avicoltura, un cibo animale assai comune nelle campagne, al quale ben pochi pensano, di nessuna spesa, che richiede solo una leggera fatica; è a un dipresso il sistema Espanet già accennato.
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Chi passa accanto ad un'acqua stagnante, ad un fosso, avrà spesso osservato delle grandi agglomerazioni di minute foglioline di forma tonda, verde chiaro galleggianti sulla superficie dell'acqua che in gran parte ricoprono; questa vegetazione, detta lenticchia palustre pare creata appositamente per l'anatra perchè essa alberga un'infinità di piccoli insetti, delizioso pasto pel vorace lamellirostro, come lo sono pure le uova ed i girini di rane che negli stagni generalmente si trovano. Con una rete qualunque un po' fitta si raccoglie quest'erba, la si ficca in un sacco e si porta alle anatre, le quali con un godimento senza pari ingoieranno erba ed insetti, per il gran profitto del proprietario cui il cibo squisito e nutriente nulla avrà costato. Si può anche, in certo modo, coltivare la pianticella acquatica, pescandone una qualche quantità e distribuendola in varie tinozze di legno piene d'acqua, esposte al sole, e sul suolo delle quali si sarà introdotto della terra; dopo alcuni giorni, si svilupperà in queste tinozze una massa brulicante d'insetti; con una rete se ne coglie quel tanto che occorre e si serve ai nostri palmipedi, lasciandone parte affinchè la vegetazione si propaghi e la colonia degl'insetti cresca e si moltiplichi.
Quanti poi hanno mezzo, trovandosi nelle vicinanze d'una città, di procurarsi gli avanzi di cucina degli hôtels, delle piccole locande, dei restaurants, delle caserme, degli ospedali, delle famiglie signorili, avranno con ciò, a condizioni generalmente modiche, una alimentazione completa per le loro anatre, le quali per la voracità, per la facile assimilazione dei cibi sono da paragonarsi al porco e le grasse mescolanze che [59] a questo si somministrano giovano in ugual misura e con gli stessi portentosi effetti all'ingordo palmipede.
I pezzi di pane, di carne, di verdura e così le acque grasse di rigovernatura unite a crusca od a panelli triturati costituiscono ancora un'eccellente alimentazione economica.
Fra i diversi panelli più facilmente rintracciabili nei nostri paesi figurano quelli di lino, di arachide, di mais; poi vengono i panelli di cocco, di cotone, di noce, di cacao; ma non è sempre facile averne. Il tenore in materie azotate dei primi tre, cioè: lino, arachide, mais è, 28.5 — 27.3 — 47 rispettivamente, e di materie grasse: 9 — 0 — 8. — Il panello di cacao oltre ad essere una sostanza nutrientissima, ha pure il vantaggio di comunicare alle carni un profumo speciale delicato. Ben inteso, i panelli vanno sfarinati fini il più possibile con un istrumento adatto.
Nell'alimentazione giornaliera non andranno completamente lasciate da parte le granaglie che poste ad ammollare ventiquattr'ore prima di somministrarle saranno più facilmente digeribili; una piccola quantità messa in qualche recipiente piatto assieme ad un po' d'acqua la quale agevolerà la presa del cibo non farà male. Il becco dell'anatra non è conformato come quello del pollo, con esso il nostro palmipede, invece di beccare, afferra gli alimenti e con una manovra speciale, aiutandosi con ripetuti sforzi li ingoia e di tanto in tanto scappa all'abbeveratoio; quanti hanno visto un'anatra mangiare avranno osservato con quale destrezza e celerità straordinaria compia le funzioni che formano lo scopo essenziale della sua esistenza.
Ho accennato al fieno di trifoglio; è un alimento [60] dei più indicati e da qualche tempo incessantemente suggerito da tutti i trattatisti come dai pratici per la nutrizione del pollame in genere grazie alle sue qualità efficienti accoppiate al costo minimo. Bisogna servirsi di fieno che sia stato segato poco prima della fioritura, lo si sminuzza col trinciapaglia la sera avanti di distribuirlo, quindi se ne mette quel tanto che occorre secondo la quantità di animali da nutrire, e ciò si apprenderà facilmente con l'uso, in una bigoncia od in recipiente qualsiasi, preferibilmente in legno, versandosi sopra dell'acqua bollente; il fieno imbibendosi gonfia molto ed in capo ad una diecina d'ore servirà, mescolato a crusca, a formare un buon pastone in cui sarà bene aggiungere per renderlo maggiormente appetitoso ed anche vieppiù nutriente, un po' di sale e qualche sostanza, fra quelle facilmente ottenibili, saporita.
Del resto la maggior parte delle erbe, le ortiche le insalate, come anche le patate di scarto cotte e tagliuzzate e le barbabietole trinciate, associate ai panelli formano dei pastoni che, fra parentesi, devono esser piuttosto molli che troppo asciutti, di costo ridotto o minimo ed abbastanza nutrienti. Anzi, così costituite queste razioni sono per la loro modicità quelle che più convengono durante l'epoca in cui i riproduttori hanno meno bisogno di alimentazione corroborante ed anche per i giovani che si voglion conservare per la riproduzione i quali abbiano però già raggiunto il loro sviluppo.
La quantità che un'anatra assorbe in una giornata dev'essere di almeno 150 grammi di alimenti pesati asciutti: crusca, panelli, granaglia, compreso [61] l'elemento animalizzato ma senza calcolare quello verde il quale deve servire solo a titolo di complemento; Pascal[1] calcola il peso totale giornaliero in cibo misto e secco occorrente per un'alimentazione normale di un'anatra in 75 grammi per ogni chilogrammo di peso vivo. Ma siccome in avicoltura nulla vi è di assoluto, così il determinare in modo preciso la quantità è cosa impossibile, ciò dipendendo molto dallo stato di salute, dall'età ed anche dalla varietà degli animali che si allevano, alcune razze di più rapido sviluppo avendo delle esigenze che altre non dimostrano; la teoria cede generalmente il posto alla pratica. In massima, più la quantità ed il valore degli alimenti sono forti, e se gli animali li assimilano facilmente, gli effetti si fanno sentire in modo visibile o si possono constatare sulla bilancia nei giovani che si allevano, pei quali un nutrimento in cui la relazione nutritiva sia stretta, ossia la proporzione delle materie azotate fortissima, è indispensabile pel loro rapido sviluppo; ed è questo il periodo in cui l'alimentazione va più accurata.
La maggior parte delle anatre domestiche è assai precoce nella fetazione, alcune, come la Corritrice Indiana incominciano fin dall'Ottobre, ma viceversa, in genere non sono molto propense a covare, anzi, [62] vi sono delle razze affatto restie; ciò fa sì che è di tutto interesse affidar le uova a qualche gallina od alla tacchina e meglio ancora all'incubatrice artificiale.
Trovar delle galline disposte a covare nella stagione invernale onde aver così una schiusura precoce è difficile se non impossibile; si può ottener lo scopo forzando la tacchina a covare e ciò con dei sistemi alquanto barbini, ma neanche sempre ci si arriva poichè è cosa contro natura, ed in ogni caso ciò costituisce un lavoro malagevole. Il sistema più sicuro e comodo è quello della incubatrice artificiale; questa è sempre pronta in qualsivoglia epoca dell'anno, essa non ha mai gl'insetti che perseguitano le chioccie animali e che si trasmettono alla progenitura, con essa si possono far schiudere non delle diecine, ma delle centinaia e migliaia d'uova. Certamente chi fa un minuscolo allevamento può contentarsi di una covatrice vivente, ma allora deve aspettare che questa sia di comodo a covare od altrimenti costringervela come si usa fare con le tacchine; volendo però delle nascite e degli allevamenti in inverno, il miglior metodo è l'artificiale, anche trattandosi di poche dozzine d'uova; attualmente si trovano delle macchine, degli apparecchi abbastanza perfezionati da permettere a chiunque dei risultati oltremodo soddisfacenti.
Ma qualunque sia il genere d'incubazione che si voglia adottare, per aver delle schiusure vigorose bisogna che le uova provengano da genitori sani, ben nutriti e ben tenuti, non troppo giovani nè vecchi, di due anni circa. Incidentalmente va detto che volendo conservare un buon sangue, i riproduttori vanno sostituiti dopo qualche anno di funzionamento, [63] sei al massimo; si deve inoltre aver cura di scegliere fra i giovani allievi destinati alla riproduzione quelli delle prime covate annuali, i più robusti, i meglio costituiti, mantenuti in libertà, affinchè possano far molto esercizio anche sull'acqua e così raggiungere il maggior sviluppo desiderabile.
Parmi inutile entrar qui nella descrizione delle solite pratiche richieste per l'incubazione, sia essa naturale come artificiale; sono per le uova d'anatra le stesse di quante occorrono per quelle di gallina con la sola differenza della durata che per il nostro palmipede è di ventotto giorni invece di venti o ventuno per le uova di gallina. Su tale argomento mi sono lungamente intrattenuto in altro mio lavoro pubblicato dallo stesso editore[2] del resto le pratiche necessarie si trovano descritte in tutti i manuali di pollicoltura. Se non mi soffermo su questo punto è perchè ho inteso nel presente lavoro attrarre l'attenzione del lettore più che altro sulla convenienza dell'allevamento dell'anatra per la produzione di carne e per la utilizzazione dei sotto prodotti lasciando da parte i dettagli dell'incubazione troppo noti alla generalità, per indugiarmi invece alquanto sul tema dell'allevamento propriamente detto.
Non conviene all'allevatore dar a covare le anatre, anche quelle che ne dimostrano la volontà come succederebbe se si lasciassero tutte le uova a misura di deposizione, chè ad un certo punto questa si fermerebbe e l'anatra si accingerebbe a covar quel dato numero d'uova che madre natura le suggerisce di [64] far nascere; è assai preferibile prolungare la fetazione il più che si può col sottrarre le uova di mano in mano, lasciandone nel nido soltanto uno o due perchè la fetatrice sia attratta a continuare, e con ciò arrivare al massimo.
Fra le diverse covatrici la meno adatta è la gallina, anche nell'epoca più propizia, poichè la durata dell'incubazione dovendo protrarsi fino a 28, 30 giorni ed anche 35 secondo le razze dell'anatra, la gallina mal sopporta un periodo così prolungato di sequestrazione, mentre resiste senza difficoltà la tacchina, che può inoltre tenerne sotto di sè un numero ben superiore, presentando essa con ciò un altro vantaggio; non parliamo poi dell'incubazione artificiale per la quale sarebbe indifferente una durata di tre mesi se vi fossero delle uova schiudibili a simile scadenza.
La durata dell'incubazione per le uova d'anatra varia, come si è visto, da razza a razza; quelle della Corritrice Indiana schiudono in un periodo di tempo minore di quello necessario per le altre razze, 28 a 30 giorni, mentre per le uova della Muschiata va fino a 35 giorni.
Alle prime schiusure e di mano in mano che nascono, gli anatrotti vanno tolte di sotto la gallina o la tacchina chioccia e deposti in un panierino foderato di lana dove si riposeranno della fatica compiuta nello sforzo di sortire dalla calcarea prigione e vi staranno tranquille in attesa dei compagni che ancora devono schiudere; se il locale o la stagione sono assai freddi si porterà il panierino con la prole un po' vicino al fuoco c questa si sentirà riavere. La stessa [65] pratica serve per le piccine nate nell'artificiale, a meno che l'apparecchio non sia munito di un'asciugatrice, come in gran parte quelli che oggidì si fabbricano; si aspetta che tutti siano nati e quando è certo che non c'è più da sperar altre schiusure, si tolgono tutti e si dànno alla chioccia che li ha covati, oppure si introducono nella madre artificiale, la quale li riscalderà bene quanto una animale.
Se l'incubatrice è un istrumento alquanto delicato, per cui taluni non hanno fiducia in essa, altrettanto non può dirsi della chioccia artificiale, di congegno semplicissimo e facilmente regolabile, ond'è che anche adottando l'incubazione animale, per l'allevamento è sempre da preferirsi l'uso d'un apparecchio che presenta più d'un lato utile; con esso si ha intanto il vantaggio di poter mettere in libertà la chioccia appena la schiusura degli anatrotti è terminata e questa potrà così ritornar ben presto a compiere altre funzioni più lucrose pel proprietario che non quella di portar a spasso le anatrine, alle quali non è difficile insegnar a vivere senza il concorso di una guida spesso assai ignorante e quasi sempre tanto ghiotta da attribuirsi la miglior parte del delicato pastone espressamente preparato per le piccole creature. Vi sono, è bensì vero, le cassette dall'allevamento in cui la chioccia è tenuta prigioniera, e con ciò si rimedia agl'inconvenienti su lamentati, ma queste possono servire per una quindicina di anatrotti, mentre si fabbricano delle chioccie artificiali capaci di cinquanta e più; è preferibile tuttavia non oltrepassare questa cifra, poichè le troppo forti agglomerazioni presentano anche dei grossi rischi.
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Di simili apparecchi sonvi diversi sistemi, ma tutti basati sul principio del riscaldamento ad acqua mediante termosifone comunicante il calore alla cassetta dove i piccini vanno a ricoverarsi come farebbero sotto le ali ed il piumino del ventre della chioccia animata: le istruzioni per il funzionamento vengono generalmente fornite dal fabbricante stesso dell'apparecchio ed è facilissimo il seguirle.
La temperatura che deve regnare nella parte dove sta la cassetta di riscaldamento non dovrà oltrepassare i 25 o 26 gradi centigradi nei primi giorni, tre giorni dopo 24 gradi saranno sufficienti, quindi si scema gradatamente il calore. Una precauzione importante è di regolare il calore per la notte, che dev'essere inferiore al normale della giornata, e ciò perchè gli animaletti riuniti nel ristretto ambiente ne producono essi medesimi con quello che emana dal loro corpicino; l'eccesso va dunque rigorosamente evitato, anzi è da preferirsi che soffrano un po' di freddo, piuttosto che di caldo eccessivo. Se sentono freddo si accoccolano gli uni accanto agli altri e bene o male sopportano la temperatura bassa, ma quando si trovano in un'atmosfera troppo elevata, ansimano, sudano e l'indomani mattina sortendo al fresco rischiano di buscarsi una congestione polmonare o l'infiammazione agl'intestini che presto li spedirebbe ad patres. Per le prime notti almeno si faccia il sacrificio di verificar lo stato delle cose e provvedere in caso di anormalità coll'alzar o ribassare il grado atmosferico interno, sulle istruzioni pel funzionamento fornite dal fabbricante.
Per lo prime quindici o venti ore si lascino pur [67] digiunare i neonati, tutt'al più si dia loro un po' d'acqua o di latte allungato, in cui possano soltanto immergere il becco. Ed ora si tratta d'insegnar alle bestiole private di madre a mangiare, cosa non troppo facile per i primi principii perchè l'anatrina non ha l'intelligenza precoce del pulcino di gallina e prima che abbia capito che per vivere è indispensabile mangiare ha bisogno di qualche lezione che possiamo darle noi stessi presentandole qualche lombrico vivo, il quale dimenandosi risveglierà nel piccolo essere l'istinto naturale che lo spingerà ad acciuffare col tenero beccuccio il vermiciattolo ed a buttarlo giù per nutrirsene; un'altra volta gli si porrà davanti un piattino contenente della pasta detta vermicelli cotta e che agitata con una bacchettina produrrà la quasi uguale impressione del lombrico. Questo corso accelerato d'istruzione che costituisce il punto più difficile dell'allevamento artificiale non durerà che due o tre giorni, quattro per gli allievi più ignoranti, poi basterà servir loro il pastone preparato ed una volta ammaestrati, le cose camminano da sè e la voracità si sviluppa in modo sorprendente.
Il pastone che dapprincipio sarà formato con midolla di pane raffermo, uovo sodo ed ortiche oppure cicoria od insalata trinciata finissima, con l'aggiunta di qualche insetto o verme di qualunque genere, sarà piuttosto molle, chè così verrà più facilmente inghiottito; si lasci sempre a disposizione degli allievi dell'acqua nel piccolo abbeveratoio, ma non bisogna permetter loro di bagnarsi fin che non abbiano almeno dieci giorni; por gli anatrotti da ingrassare [68] questo bagno deve però essere vietato completamente; su ciò credo bene insistere.
A cominciar dall'ottavo giorno, l'elemento animalizzato dovrà entrare a far parte regolarmente della alimentazione negli anatrotti, ritagli di carne bolliti e tritati molto fini oppure ossa crude ridotte a trucioli con la macchina speciale detta trincia-ossa, andranno associati a crusca ed a farina di mais. Si diano anche loro delle minute granaglie ammollate per 24 ore, delle paste lesse, delle farine, del pane intriso nel latte, il tutto sempre in forma piuttosto liquida, ma non troppo, ad evitare la dissenteria; ripudiamo solo i pastoni di pura crusca che le massaie distribuiscono con tanta generosità ma che gonfia i giovani corpi senza nutrirli; degli animali tirati su con tal regime non saranno mai di qualche valore.
L'acqua piovana è causa di malanno per le piccole creature; si stia dunque attenti a non lasciarle cogliere da qualche improvviso temporale, e neppure si permetta loro di diguazzare nella mota; la loro lanuggine dei primi giorni non è per anco resa impermeabile dalla secrezione oleosa che col seguito impedirà la penetrazione dall'acqua nel loro abito di piumino, e questo soffice indumento si appiccica al corpo: e se poi vanno ad infangarsi nella melma, ciò forma come un'intonacatura, dalla quale non possono più liberarsi e finiscono per soccombere.
Se disgraziatamente non si fa in tempo a ripararli dall'acqua si procuri di salvar gli anatrotti ammollati col porli al più presto in un paniere accanto ad un buon fuoco.
L'anatra fin da piccina è amante di intrufolarsi [69] nell'acqua sudicia col corpo ma specialmente col becco e per natura è piuttosto sporcacciona; basta osservare la sua manovra quando mangia, prende un boccone o due poi corre all'abbeveratoio, ritorna al piatto per far subito dopo un'altra visita all'acqua, ed in tutti questi andirivieni, divertentissimi da osservare se vogliamo, l'anatrotto insudicia dappertutto, anche il suolo del casotto di rifugio viene contaminato dalle zampine cariche di mota e di deiezioni liquide; per cui, onde conservar l'igiene così necessaria nell'allevamento, ogni giorno, possibilmente, si cambierà la segatura di legno, la paglia o quello strato di altri elementi che devono guarnire il suolo dell'abitazione; nelle madri artificiali hanvi generalmente due scomparti, dei quali uno è all'aria libera con reticolato e l'altro costituisce il casotto di ricovero; questi due scomparti devon esser tenuti sempre puliti ed è questa una misura indispensabile per la salute dei piccoli allievi.
Il sole, a sua volta è per essi pericoloso un'insolazione può avere degli effetti fulminanti sulle tenere bestiole, le quali, tuttavia, una volta passato il primo periodo d'età s'irrobustiscono di giorno in giorno, l'appetito si fa sempre più feroce, per cui cinque o sei pasti al giorno non sono di troppo, e diventano degli animali oltre ogni dire, ed in ogni caso sempre meglio di quelli d'altre specie, resistenti.
È abbastanza strano che di tutte quelle egregie persone desiderose di tener qualche volatile da cortile [70] novanta su cento scelgano una o più razze di polli, dalle quali si ripromettono chissà quali e quanti vantaggi, e quasi nessuna getti gli occhi sulla numerosa schiusa delle anatre, fra le quali hanvene pure di graziosissime come le Mandarine, le Caroline, le Mignon ecc. per chi non cerchi nell'allevamento che il diletto, mentre dal lato materiale la maggior parte delle anatre dà ben altre soddisfazioni di quante possano offrirne i polli.
Non nego che il possesso di un gallo ardito dalla lussureggiante livrea, col suo fiero portamento, le sue mosse, lo squillante chicchiricchì, di quel sultano delle affaccendate galline le quali col loro canto trionfale segnalano la deposizione del miracoloso, riconfortante prodotto giornaliero, tutto ciò presenti delle attrattive che le modeste, tranquille poco canore anatre non sono in grado di offrire. Ma quando si considerino le prerogative che queste ultime presentano, la loro facile adattabilità a qualunque genere di cibo che convertono in carne e grasso, mettendo in tale operazione assai minor tempo di qualsivoglia razza di polli, se si tenesse calcolo della robusta loro fibra che le rende quasi sempre refrattarie alla maggior parte delle malattie che insidiano e decimano gli altri volatili domestici, ove infine si facesse entrare nella somma dei rendimenti quello dei sotto-prodotti come le piume ed il piumino, specialità dei palmipedi, la bilancia dovrebbe pendere in favore di questi ultimi.
Le uova di gallina, è bensì vero, sono più pregiate di quelle d'anatra, ma queste danno dei pulcini graziosi anch'essi, e sopratutto più robusti, di sviluppo [71] più precoce. Quanto ad importanza di produzione non mancano le razze ovaiole, la Corritrice Indiana sta al paro quando non supera la miglior Leghorn. Al postutto, il trionfo dell'anatra sta nella precoce produzione di carne ed è su questa che convien basare il concetto dell'allevamento.
È innegabile che l'allevamento dell'anatra venne sempre considerato come facente parte delle piccole industrie campestri, non adattabile alle occupazioni di piccoli proprietari o di modesti impiegati dimoranti in campagna ed in cittadine di provincia. Uno degli ostacoli al suo diffondersi è il preconcetto sbagliato della necessità dell'acqua per bagnarsi, mentre è anzi contraria alle giovani anatre che hanno una vita effimera, destinate come sono al macello a poche settimane d'età. Se un'acqua corrente, una gran vasca sono giovevoli ai riproduttori quantunque non assolutamente indispensabile, un recipiente abbastanza grande per tuffarvi ripetutamente il becco, poichè per natura loro, questi animali hanno un gran bisogno di bere mangiando, è ugualmente bastevole per essi.
Un bell'esempio di allevamento in piccole proporzioni è citato nell'ultima edizione della sua Basse-cour productive dall'esimio allevatore-scrittore L. Brechemin, parlando di quella d'un amico, il quale ha impiantato un recinto per anatre; questo è diviso in due parti mediante rete metallica, ed alla base del divisorio venne scavato nel terreno un bacino comune alle due parti del recinto, la lunghezza della vasca è di quattro metri, la larghezza è di un metro e la profondità, 70 centimetri. Un po' più lontano l'anatricultore ha fatto costruire un secondo recinto [72] nelle identiche condizioni il cui scopo si spiega chiaramente. Egli tiene due razze, la Rouen e la Pechino, da ciò la necessità del divisorio, inutile per chi ne tiene una sola.
Nel piccolo allevamento in questione ogni parchetto contiene sei femmine ed un maschio di ciascuna delle due razze suindicate. Il bacino viene vuotato ogni quattro giorni per mezzo di un tubo di scolo e l'acqua cambiata, perchè rimanendo stagnante per molto tempo si corromperebbe, e l'igiene è importantissima nelle agglomerazioni di animali in ristretto spazio. Come l'acqua, il suolo dove dimorano gli animali va soggetto alla corruzione in causa dei loro abbondanti escrementi, ed è ad ovviare alle funeste conseguenze facilmente derivanti che venne ideata la costruzione di un secondo recinto, ogni tre mesi gli abitanti vengono fatti sloggiare da quello inquinato e sospinti nel nuovo, le capanne smontabili sul genere di quelle descritte nel capitolo dell'alloggio, sono trasportate nella dimora diversa e subito dopo il trasloco, il terreno lasciato libero riceve una rivoltatura radicale, alla profondità di un ferro di vanga, quindi seminato ad avena. Quindici giorni o tre settimane dopo gl'inquilini possono già reintegrare il domicilio primitivo che ritrovano fresco e risanato, ma è meglio aspettare anche un mesetto.
In questo allevamento così modestamente ideato e condotto le femmine danno da novanta a centodieci uova all'anno, quasi tutte fecondate; i maschi hanno almeno due anni e sono conservati fino ai quattro; e così pure le femmine per le quali questo limite d'età non va oltrepassato, poichè diventano poi troppo [73] pingui e la produzione delle uova fecondate scema grandemente.
L'incubazione viene affidata a delle galline od alle macchine e la schiusura raggiunge una proporzione elevatissima, quasi il 90%. Simile risultato è in parte dovuto al nutrimento affatto speciale distribuito dal principio di Gennaio fino al Luglio, composto di alimenti molto azotati in cui entra in certa parte la farina di pesce. E qui sta il segreto d'un alimento di prim'ordine per la nutrizione delle anatre in rinchiuso durante la stagione dell'ovificazione, come gioverebbe pure alle galline se non fosse il timore che tale elemento comunichi un gusto poco gradevole alle uova destinate al consumo, mentre per quelle da far covare ciò non ha importanza alcuna; in Inghilterra come in Francia la farina di pesce ha preso una gran voga da qualche tempo e la fabbricazione si è venuta talmente affinando che l'odore è quasi del tutto soppresso, e d'altro lato la quantità da aggiungere ai pastoni è troppo piccola perchè possa aver un'influenza sensibile anche sulle uova di gallina.
Come granaglie le anatre dell'allevamento ridotto di cui si parla ricevono dell'avena e del gran saraceno; oltre a ciò ad ogni pasto non si risparmia la verdura.
Questo piccolo industriale alleva in media 900 anatrotti all'anno ch'egli vende all'età di due mesi a due e mezzo, e l'utile ricavato varia secondo la stagione oscillando fra L. 1.50 e L. 2.50 al capo. Tutta la produzione in anatrotti viene assorbita da un solo ristorante parigino che ne ha un gran consumo.
L'utile di L. 2 in media ossia di L. 1800 per [74] 900 piccoli ingrassati non sarebbe di certo sufficiente per far vivere un allevatore, un privato, al giorno d'oggi specialmente, ma può sempre calcolarsi quale un dippiù aggiunto ad una situazione modesta, come è il caso della persona summenzionata. Perchè potesse prodursi un beneficio abbastanza considerevole da permettere ad una famiglia di vivere con esso bisognerebbe duplicare e magari triplicare il numero dei parchetti coi relativi riproduttori, cercar il collocamento di un numero abbastanza importante di anatrotti, aver un aiuto per l'andamento dell'azienda possedere un certo capitale, impiantarsi insomma su ben differenti basi. Evidentemente ciò costituirebbe una speculazione industriale nella quale entrerebbero in giuoco vari fattori ma anche contemporaneamente certi utili, come le piume che in un piccolo allevamento non possono aver molta importanza mentre in un grande ne acquistano una considerevole.
Ma se è dato a pochi d'intraprendere una consimile vasta azienda, numerosi possono essere i piccoli allevatori cui può sorridere l'attraente e lucrativa occupazione.
L'industria dell'allevamento intensivo dell'anatra a scopo della produzione accelerata di carne per consumo non è praticata finora che negli Stati Uniti d'America ed in Australia; l'Inghilterra possiede solo un grande stabilimento di tal natura, la piccola industria [75] campestre di cui si è parlato a proposito della razza di Aylesbury non potendo esser annoverata fra le grandi del genere perchè suddivisa tra la popolazione villica. In Francia è ancora sconosciuta, come lo è, inutile dirlo, da noi, nè mi consta venga esercitata in Germania dove l'oca è preferita; da tempo presso i Cinesi si usano dei sistemi economici per l'allevamento industriale dell'anatra, ma anche colà si tratta d'un'industria frazionata, per quanto diffusissima, non mai di un sistema grandioso come viene applicato e condotto nei vasti allevamenti americani un modello del qual genere il solo forse che esista in Europa è quello di Harrow Weald nel Middlesex (Inghilterra).
Il primo ad aver l'idea d'un immenso anatrificio (mi si conceda il neologismo che nessun dizionario registrerà sicuramente) è stato l'americano Rankin, ricordato in certi recenti lavori di pollicoltura fra i quali quello del Blanchon riprodotto dal Giornale degli Allevatori. Il Rankin fece i primi esperimenti della nuova industria or sono circa cinquant'anni coi sistemi artificiali senza di che non sarebbe probabilmente mai riuscito a capo di nulla d'importante. Dopo varie prove più o meno fortunate e non senza aver assaggiato il fiele delle facili ed acerbe critiche nonchè dei catastrofici pronostici, non scoraggiato, ostinatissimo, vien sù ad ottenere dei giovani prodotti a condizioni rimunerative, specialmente perchè portati sul mercato nei momenti più favorevoli, molto tempo prima cioè dell'arrivo dei prodotti ottenuti nell'epoca normale.
Come nella maggior parte dei casi succede, visto [76] l'esito ottenuto, vennero fuori i scimmiottatori, e fra questi si distinse certo Weber, tedesco d'origine, che in unione ai figli si dedicò egli pure all'industria novella stabilendosi nel 1890 a Wrentham, al sud di Boston.
Quello dei Weber è uno stabilimento modello, in cui l'impianto meccanico è al completo; i trituratori di ossa fresche e tutti gli altri istrumenti funzionano per mezzo di motore a vapore; le incubatrici, le allevatrici tutte sono perfezionatissime; una minuscola ferrovia circola nell'intero stabilimento, sia per il trasporto degli alimenti come per l'asportazione degli escrementi dei volatili e così per ogni altro servizio. I tuberi e così pure i legumi che entrano a far parte dell'alimentazione sono prodotti sul terreno della vasta proprietà, si fanno cuocere e si mescolano alle granaglie triturate ed alle farine formando dei pastoni che vengono lavorati con acqua bollente.
L'impianto non è sulle rive d'un corso d'acqua come lo sono altri congeneri, forse meno importanti, ma a quanto pare ciò non è un impedimento alla sua prosperità; tuttavia quando sia possibile una derivazione d'acqua per la vicinanza d'un fiume o d'un canale, ciò è sempre assai preferibile, la proporzione delle uova fecondate risultando in generale assai maggiore.
Nel suddetto anatrificio, dove la razza di Pechino è in preponderanza, come del resto in quasi tutti i grandi stabilimenti americani, si cerca di produrre l'anatrotto precoce da consumo; i riproduttori sono tenuti in recinti di proporzioni adatte ed i maschi [77] in quantità sufficiente per assicurare una buona riproduzione. Le giovani femmine non si lasciano produrre troppo presto, non si forzano, e ciò nell'intento di aver delle uova meglio fecondate.
Gli anatrotti rimangono due settimane soltanto sotto le allevatrici artificiali, riscaldate a non oltre 15 gradi, ed hanno libero accesso a delle tettoie ben riparate dove vanno a godersi quel po' di vita che alla gran maggioranza di essi è concessa. Allorquando hanno quattro settimane, se la temperatura è mite, vengono trasportati all'aria libera, dove trovano delle capannuccie da ripararsi, circondate da telai a rete metallica, ma nei casi di repentini cambiamenti di temperatura sono subito ritirati e trasportati in locali difesi dalle intemperie; giunti però a sei settimane d'età gli anatrotti non temono più gran che dei capricci del tempo e, d'altro lato, l'alimentazione che ricevono essendo assai animalizzata molto contribuisce al loro sviluppo. E allorquando hanno poi dieci settimane e pesano circa due chilogrammi e mezzo vengono sacrificati e piumati immediatamente dopo morti, e appena terminata la spiumatura tuffati in acqua freddissima, ottenendo con ciò una maggior compattezza della carne oltre all'aspetto migliore del volatile.
È sulle traccie di quanto praticano gli americani e dopo aver fatto gli studi nello stabilimento Forbin che l'inglese L. B. Purdey si è deciso ad impiantare una gran fabbrica di anatre con tutti i perfezionamenti dettati dalla pratica e con l'adattazione dei più recenti trovati della scienza, come termosifoni per riscaldamento, luce elettrica in tutti quanti i locali, [78] compresi quelli di abitazione dei palmipedi ecc. ecc., onde farne un allevamento modello sotto ogni rapporto. Allo impianto, costato dodicimila lire sterline, ha presieduto uno spirito d'organizzazione quale non si potrebbe trovar superiore per industrie di qualsivoglia altro genere, e data la novità di questa, di più razionale e perfetto.
L'azienda, intitolata «Middlesex duck plant», occupa una superficie di quattro ettari; i vari edifizi che vi sorgono sono tutti in legno, senza lusso, ma ben ideati e solidamente costrutti.
I recinti dove stanno i riproduttori, dei quali quasi tremila sono femmine e nella maggior parte della feconda e precoce razza di Pechino, sono tutti muniti di una vaschetta in cemento, dove l'acqua corrente viene di continuo rinnovata; ogni due recinti un pollaio in comune serve di ricovero agli abitanti per la notte, e per la fetazione; esso è però diviso in modo che i volatili di ogni parchetto hanno una parte separata e con ciò non succedono confusioni.
La parte più interessante dell'azienda è quella che concerne i giovani e la loro breve esistenza di nove settimane attraverso una serie di sale e parchetti che si seguono gli uni in fila agli altri e dove gradatamente dalla nascita si avviano al sacrifizio.
Un grande interesse desta pure il locale d'incubazione; le incubatrici ad acqua calda, di marca Hearson, una delle più perfezionate, sono in numero di ottanta e possono contenere fino a ventimila uova in una sola volta. Le sale d'incubazione vedono schiudere giornalmente le uova di parecchie di queste [79] macchine e gli anatrotti vengono trasportati immediatamente di mano in mano che nascono nelle sale d'allevamento, il cui riscaldamento è assicurato a mezzo di un termo-sifone posto nella stessa sala dove si preparano gli alimenti: la temperatura è costantemente mantenuta fissa da un regolatore automatico.
Nelle cucine belle e ben aereate si preparano i pastoni per i riproduttori e pei piccoli allievi e appena pronti, dei vagoncini su rotaie li trasportano per la rapida distribuzione. L'alimentazione è combinata in modo da ottenere il prontissimo sviluppo degli anatrotti destinati a breve carriera mortale, dapprima in carne ed in grasso successivamente, senza preoccupazione della forte ossatura necessaria soltanto negli individui che dovranno formare dei vigorosi riproduttori.
Appena nati si lasciano tranquilli durante ventiquatt'ore, nel qual periodo di tempo essi nulla hanno a soffrire del digiuno, trascorso il quale periodo si incomincia a distribuir loro dei pastoni composti con farina di mais, uova sode spiaccicate, foglie d'ortica o crescime oppure trifoglio, secondo la stagione, trinciata molto finemente. Essi, nei primi momenti stentano un po' a nutrirsi da sè, ma una volta la difficoltà vinta, diventano quei famosi mangioni che tutti sanno; in seguito, i pastoni vengono formati con mais macinato, panelli triturati, crusca e un po' di carne di bue. I pasti pei giovani allievi sono tre al giorno; per i riproduttori invece sono due soli e nella loro composizione si cerca di associare l'efficacia maggiore all'economia.
Subito dopo le cucine una galleria lunga trecento [80] metri comprende sessantanove scomparti, parte a destra e parte a sinistra, divisi da un passaggio centrale dove scorrono i vagoncini su rotaie che portano gli alimenti e quelli pel trasporto della paglia da giaciglio, la quale viene cambiata ogni giorno, quella sporca da escrementi essendo asportata ed ammucchiata in locale distante.
L'edifizio, sbiancato con latte di calce internamente ed intonacato all'esterno, dipinto a carbolineo, ha il suolo tutto cementato, onde facilitare la pulizia con lavatura e disinfezioni; esso è nella notte continuamente rischiarato a luce elettrica per evitare qualsiasi pericolo d'allarme nei timidi animali al passaggio dei guardiani, e, a quanto pare, non è la luce che turbi i loro sonni, essendovi abituati fin dalla nascita. La galleria è divisa in due parti, delle quali una è riscaldata, per l'allevamento degli anatrotti fino alla settima settimana, l'altra non riscaldata serve a contenerli per le rimanenti due settimane, in cui si compie il loro allevamento e l'ingrassamento.
Ingegnosamente prodotto e distribuito a mezzo di canali, attraverso i quali passa il vapore, il riscaldamento è regolato in modo da portare la temperatura nel punto più caldo a 32.2 centigradi e non scende mal al disotto di 21 gradi. È quello insomma di una gran madre artificiale, in cui tutte le disposizioni sono prese in vista di un allevamento in condizioni ottime, e che troppo luogo sarebbe descrivere più minutamente.
In complesso, si tratta di tre grandi scomparti suddivisi in sessantanove piccoli, i due primi sono riscaldati dovendo funzionare da madre per gli anatrotti; il terzo grande scomparto, dalla 16ª alla 49ª [81] suddivisione è riscaldato soltanto in inverno, e dalla 50ª alla 69ª ed ultima suddivisione, dedicate all'ingrassamento, non sono punto riscaldate.
A cominciare dalla quinta suddivisione gli scomparti hanno tutti il loro piccolo recinto esterno aperto con cui comunicano, di superficie minore o maggiore a misura che si procede; ognuno di questi è provvisto di abbeveratori in legno, di dimensioni appena sufficienti perchè gli animali possano tuffarsi il becco per bere ma non per bagnarvisi questa facoltà, è concessa soltanto a quelli giunti all'ultima suddivisione e per la vigoria della loro immolazione; come agli umani condannati alla pena capitale, è accordato di chiedere quel che vogliono per mangiare e bere, così a questi infelici animaletti si procura per pochi istanti quanto avrebbe formato la loro delizia, giornaliera il prendere un bagno! e questo naturale, legittimo diletto segna la fine della tranquilla sì ma rapidissima carriera. Lo scopo di tanto generosa largizione non è inutile dirlo, umanitario ma egoistico, ottenere cioè col supremo lavacro un piumaggio ben pulito e con la tranquillità dell'ultimo giorno una carne migliore; e neanche quel conforto è intero, poichè accompagnato da un completo digiuno affinchè il corpo sia ben vuotato prima di passare nelle mani del sacrificatore.
Sortite dalla vasca e dopo il completamento della toeletta con un breve soggiorno in paniere ben guarnito di paglia dove si asciugano, le vittime vengono portate nella sala dell'immolazione ed in pochi istanti da appositi incaricati soppresse, mediante uno stiramento di collo che frange la colonna vertebrale, vuotate [82] e spiumate completamente salvo al collo ed alla testa; tutto ciò è fatto con la massima rapidità e precisione da un personale pratico, abilissimo. Le morticine disposte in bell'ordine entro casse a quindici per cassa ed introdotte in un frigorifero vi rimangono fino alla partenza per i mercati londinesi e questa ha luogo nella nottata successiva all'immolazione a mezzo delle automobili dello stabilimento.
E così si compie il breve ciclo; in nove settimane nasce, vegeta e muore il povero anatrotto industriale a Ducks Plant; esso non ha conosciuto alcuna delle gioie della vita che a tanti altri volatili sono largite tranne quelle di mangiare e dormire ed appena gli fu dato di veder il sole dei suoi sogni, il bagno, subito ne fu privo; tale è il suo fato e tale il fatto che la ardita iniziativa dell'industriale è stata coronata da incontrastato successo. Impostata su così vaste basi era impossibile che delle difficoltà enormi non si presentassero all'inizio al coraggioso imprenditore; così fu che per utilizzare fin dal bel principio un impianto simile bisognava procurarsi una ingente quantità d'uova per l'incubazione, un migliaio o due al giorno; per cui si dovettero provvedere in parte nelle vicinanze ed altre farle venire di fuori e ciò fu eseguito non senza pena mentre in pari tempo si provvide all'acquisto dei primi riproduttori. Questo fu il principale ostacolo iniziale, poichè tutto il resto era stato così ben studiato e disposto che funzionò subito senza alcun inciampo serio; con l'andar del tempo si ricorse sempre meno alla provvista d'uova da incubazione ed ora sono le riproduttrici dello stabilimento, in gran maggioranza anatre di Pechino, [83] che danno tutte le uova necessarie, con una media di 130 circa annue cadauna.
In sostanza, il Purdey ha risolto il problema dell'industrializzazione dell'allevamento anatrino, ed il suo esempio, abbia, o meno, imitatori in Europa, resta sempre ad attestare uno spirito d'iniziativa singolare e merita encomio, non foss'altro per l'ardimento e la scienza spiegati.
In Australia, come altrove ho accennato, l'allevamento industriale dell'anatra è pure assai esteso; la razza che colà si tiene è solo in parte la Pechino pura, poichè molto si adopera la Muschiata i cui maschi grossi e libidinosi vengono adibiti alla fecondazione di femmine Pechino ed Aylesbury ottenendone degli enormi prodotti; è lo stesso sistema adottato da tempo in alcune regioni francesi come ora diremo.
L'età buona per metter l'anatrotto di razza all'ingrasso è fra le otto e dieci settimane, il continuar a nutrirlo per qualche tempo ancora aspettando ad ingrassarlo oltre il termine suindicato è uno sbaglio, poichè è questo il periodo in cui mette le piume e le penne, mangia a più non posso e tutto va a far le spese dell'abito che si sta confezionando.
È specialmente coi giovani precoci che l'ingrassamento riesce proficuo in quanto che questi sono vendibili in un'epoca nella quale c'è scarsità di buoni prodotti giovani e di conseguenza se ne ricava un frutto più considerevole. Maestri del genere sono gl'industriali [84] americani ed alcuni villici inglesi come si è visto. Da noi nulla si fa di tutto questo, si portano le anatre giovani od adulte dopo un sommario trattamento migliore del solito e neanche sempre, giacchè nella maggior parte dei casi vengono uccise quando hanno appena quella misera riserva di grasso che poterono accumulare con una alimentazione ordinaria molto ordinaria anzi; eppure se ne ottiene ancor sempre un buon prezzo, se si introducesse nelle nostre campagne l'usanza di far crescere l'anatra con metodi più razionali, se si adottassero tipi di maggior rendimento o quanto meno si migliorasse la razza comune un po' dappertutto come si fa appena in qualche regione, con opportuni incroci, le nostre massaie potrebbero contare su dei guadagni ben superiori a quelli d'ora.
In Francia l'industria dell'ingrassamento è limitata ai grossi capi di vari mesi in vista della produzione del fegato e non si usa impinguare i giovani di poche settimane; bisogna che questi individui abbiano almeno quattro o cinque mesi d'età e si tratta quasi sempre dei così detti mulards, termine adottato per quegli infecondi ma tanto voluminosi meticci di anatre comuni o di Rouen col maschio del lubrico Guinea. Colà si adopera molto la farina d'orzo e quella di gran saraceno, nelle regioni dove queste graminacee sono prevalentemente coltivate, mentre nel meridionale si è adottato il mais. Inghilterra e Germania usano l'orzo ed in proporzioni minori la barbabietola. Da noi, dove la coltivazione del mais è estesissima questo cereale è il solo indicato; tanto più che non è il caso di sostituirlo nè con patate nè con panelli tutta roba carissima oggidì.
[85]
Nel lavoro. Allevamento famigliare e industriale dell'oca di A. Gemignani, pubblicato dallo stesso editore Signor Battiato, è detto assai estesamente del valore del granturco come alimento impinguante superiore ad ogni altro in uso, specialmente in chicchi e quanto sia preferibile il mais vecchio a quello dell'ultimo raccolto, perchè una parte delle materie albuminoidi col tempo si trasforma in grasso; nello stesso lavoro vi sono alcuni ragguagli anche sulla utilizzazione dei sotto-prodotti dell'oca fra i quali quello della conservazione delle carni in salamoia e con altri sistemi, che si possono perfettamente adattare ai sotto-prodotti dell'anatra.
Per avere dall'ingrassamento dei risultati straordinari, oltre che su un'idonea alimentazione convien basarsi sulla scelta di animali di grande sviluppo; in tutte le epoche dell'anno un'anatra grassa, di due o di sei mesi, è sempre un volatile gustoso se alimentata a dovere, ma per l'ingrassamento delle adulte, il momento migliore è nel Novembre poichè così gli animali sono pronti per le feste di Natale e di Capo d'anno, quando cioè la ricerca di circostanza ne fa salire il prezzo.
Verso la fine dell'impinguamento non ha trascurata l'aggiunta di materie azotate d'origine animale; le prove fatte coll'introduzione nei pastoni di qualche piccola quantità di carne scadente, quale quella di cavallo e più precisamente del fegato, o di altre parti rifiutate per lo più nell'alimentazione umana sono concludenti.
Data la ben nota ingordigia del nostro palmipede si può portarlo ad un grado di grasso già assai soddisfacente, [86] solo che gli si somministri un'alimentazione modellata su quella dianzi descritta e ciò durante sei ad otto settimane, aggiungendo sempre ai pastoni di crusca un po' d'erbaggio, come ortica, insalata, cicoria trinciate, alternando tal pasto con altro di maïs puro ammollato nell'acqua un po' salata. Ma in un tempo molto più breve si possono ottener gli stessi effetti segregando gli animali in una delle solite stie per polli e capponi, modificate possibilmente, a scomparti stretti per un solo individuo ciascuno, la segregazione così fatta avendo maggior efficacia. La stia va posta in qualche locale piuttosto calduccio, alquanto scuro e lontano dai rumori; ogni giorno si daranno quattro pasti, uno di pastoni e l'altro di maïs alternati. Le recluse non hanno altro da fare che mangiare, bere e dormire fra i pasti, ed a questo regime si adattano facilmente, se non a tutta prima, causa la perduta libertà, due o tre giorni dopo la sequestrazione, l'istinto della conservazione e della voracità riprendendo il suo imperio, ed è ben naturale che in capo ad alcune settimane siano diventate grasse, fin troppo, talvolta.
Prima di imprigionare le anatre sia in un locale, ammassate in certo numero oppure nella stia, è buona pratica spiumarle sotto il ventre per evitare che con l'andar dei giorni le piume sporcate dagli escrementi si appiccichino al corpo ingenerando uno strato di sudiciume in cui non tardano a comparir gl'insetti che tormenterebbero le povere vittime a detrimento dello scopo prefisso, avendo queste bisogno della massima tranquillità.
Terminato il periodo dell'impinguamento, locale [87] o stìa dove gli animali hanno soggiornato a lungo, devono essere diligentemente lavati e disinfettati prima d'introdurvene altri.
Detto dell'ingrassamento semplice aggiungerò qualche parola su quello forzato per ingozzamento (gavage) usato solo essenzialmente per ottenere il fegato ipertrofico, di un grande valore per l'industria speciale dei rinomati patés de foie gras di Nérac e di Perigueux fra gli altri, poichè Tolosa e Strasburgo adoperano più particolarmente i fegati d'oca più voluminosi ed a miglior mercato di quello d'anatra, i quali, viceversa, sono di grana più fine e di sapore assai più delicato.
È in uso in certi dipartimenti meridionali francesi la divisione del lavoro; alcuni coloni allevano le anatre per venderle ad altri che non possedendo nè terreni nè locali adatti per l'allevamento si dedicano all'operazione dell'ingrassamento e vendono i fegati ai fabbricanti. Durante il periodo che precede il gavage, gli animali sono dapprima rinchiusi per qualche tempo in un recinto stretto, nutriti abbondantemente con farinacei, barbabietole e granaglie cotte, stando imprigionati in un locale buio ma facilmente arieggiabile come una scuderia od una rimessa da carrozze, lontana dai rumori il più possibile. Durante i pasti si fa un po' di luce, ma poi si ritorna al buio e si lasciano le rinchiuse digerire tranquillamente accoccolate sulla paglia che ricopre il suolo del locale, fino al pasto successivo; con un forcone si rivolta la paglia il mattino dopo del primo giorno l'indomani si cambia completamente lo strato e così si seguita fino al termine del periodo [88] d'ingrassamento; con questa misura le carni non piglian mai cattivo gusto, le penne non s'imbrattano e si tengono lontani gl'insetti.
Se coi sistemi fin qui descritti si hanno già dei capi ben grassi, con l'impinguamento forzato si arriva al nec plus ultra; ed è tale quello adottato per ottenere dei fegati enormi. Si pratica perciò l'ingozzamento (gavage) sia con l'imbuto come mediante pallottole preparate, e ciò secondo le regioni. Dove si adopera l'imbuto si costringe il volatile che si tiene ben serrato fra le ginocchia ad assorbire una certa dose di maïs ammollato versandola in un imbuto il cui canale viene preventivamente introdotto nella gola del paziente e con un'abile manipolazione si fa scendere la razione prefissa attraverso il canale degli alimenti fino all'esofago; quindi si rimette l'ingozzata al suo posto a digerire. Altrove l'anatra viene nutrita forzatamente, introducendole certe pallottole bislunghe di farina di maïs ben impastata preparate la sera prima; il volatile vien tenuto nella medesima posizione indicata per l'ingozzamento con l'imbuto, gli ai apre il becco, si allunga il collo e gli si fa scivolare una, poi due, poi diverse pallottole, previa immersione nel siero di latte di questi pilloloni, onde agevolarne la deglutizione; dipende dall'ingozzatore il giudicare la quantità che l'ingrassanda può ricevere e dell'epoca in cui conviene troncare il regime.
Non m'indugierò più oltre sull'argomento che d'altronde è trattato in esteso nel volume già citato «L'allevamento dell'oca». Un'anatra troppo grassa non ha un valore corrispondente alle cure, [89] alle spese, ai rischi che l'operazione comporta o presenta, a meno che si abbia il collocamento assicurato della produzione del fegato e ciò non si può pretendere che là dove esistono fabbriche speciali di conserve, come nel mezzodì della Francia ed in Alsazia. Sono d'avviso e lo ripeto ancora che la più proficua e più facilmente attuabile industria anche da noi sia la produzione dell'anatrotto di poche settimane ingrassato, almeno per ora; col tempo c'è da credere che anche in Italia sorgerà la nuova industria.
La convenienza di allevar l'anatra emerge non solo per la produzione della carne ma ancora pel raccolto di penne, piume e piumino che essa ci fornisce; la realizzazione di questi sotto-prodotti può dare un discreto utile, che generalmente è poco considerato, quando specialmente essi siano d'una certa importanza per quantità e per preparazione adatta, il commercio delle piume facendone sempre una ingente ricerca.
I palmipedi, contrariamente a quanto succede negli altri volatili domestici mutano due volte l'anno le piume e questa muta si compie in brevissimo tempo; anche in ciò differiscono dagli altri volatili e trattandosi di una specie di malattia il vantaggio che presentano le anatre in ciò è di un certo valore, poichè prolungandosi il periodo l'animale s'indebolisce e la produzione per conseguenza ne risente. Come già si è fatto osservare ad ogni muta il maschio cambia di livrea, ora modesta, ora di gala, secondo [90] l'epoca; nella femmina invece è sempre la medesima.
Tutte le penne, come le piume ed il piumino servono per gli usi famigliari e con esse si fanno dei guanciali, delle coperte da tetto, si utilizzano insomma in diversi modi anche per oggetti d'ornamento da signora; l'industria della piuma ne trae il miglior partito immaginabile, ma va osservato ch'essa paga assai meglio la piuma viva, strappata cioè sul corpo degli animali viventi, di quanto retribuisca la penna morta e per morta s'intende non soltanto quella tolta dal corpo degli animali dopo uccisi ma ancora se caduta naturalmente all'epoca della muta; una penna staccatasi dal corpo per effetto naturale ha un valore ben diverso da ogni altra violentemente levata. Per quanto quest'ultima espressione possa sottintendere un'azione brusca e crudele, in realtà ciò non succede, poichè non si tratta che di anticipar qualche poco, di aiutare in certo modo la natura nel lavorio che si compie nell'epoca del cambiamento delle piume senza aspettare che queste cadano da sè; basta osservare l'animale nelle epoche in cui succede il fenomeno naturale che nell'anatra adulta cade in Luglio ed in Settembre-Ottobre e nell'anatrotto quando ha due mesi o poco più ed in Ottobre; essi scuotendosi fanno cadere qualche piuma e questo è il più sicuro indizio che è giunto il momento opportuno per la spiumatura, oppure, strappandone qualcuna nelle epoche indicate, se non fanno sangue premendole con l'unghia, si può procedere all'operazione senza correre il rischio di far soffrire l'animale (si dice allora che la piuma è matura) ciò [91] che succederebbe ripetendola più volte nell'anno come per ingordigia taluni fanno.
Per eseguire la spiumatura conviene aver pronti due panieri, in uno dei quali si lasceranno cadere le penne più grosse e nell'altro il piumino, tanto più se si devono vendere avendo esse valore diverso, s'incomincia per acciuffar l'anatra, la quale sbraiterà e si dibatterà alquanto, ma, naturalmente non bisogna fare caso; andrà tenuta ben stretta fra le gambe previa arrovesciatura delle ali sulla schiena, quindi si passa gradatamente allo strappamento delle piume partendo dal collo, poscia si scopre il petto ed il ventre fino all'ano per risalire un po' verso le reni che dovranno rimaner ricoperte, come la testa, della loro livrea naturale; la schiena come le reni e le ali non vanno toccate e così neanche quelle piume più lunghe e più rigide che reggono le ali, ad impedire che cadano a terra come succederebbe quando non si rispettasse il provvidenziale guancialetto. Si lascia per ultimo il piumino che è il più aderente alla pelle, e non lo si toglie che dopo aver strappato tutta la piuma che ricopre il corpo nelle parti sopra indicate, la lanuggine o piumino avendo un valore più considerevole delle altre penne e per tal motivo convien tenerle separate gettandole nel paniere speciale.
Una volta spiumata l'anatra va tenuta riparata e tranquilla, ben nutrita, per alcuni giorni: quanto alla piuma, perchè si conservi bene, bisogna essiccarla, come vedremo col seguito.
La terminologia francese per designare le varie penne e piume dei volatili domestici è assai complicata ed i prezzi variavano, ante bellum, da L. 1,75 [92] a L. 8 al chilogr. Secondo si trattava di penne del dorso, di piume del ventre e del petto oppure del piumino; attualmente questi prezzi devono essere ben più elevati, per cui se c'era già un discreto vantaggio a raccoglierle prima della guerra, ora questo sarà doppio e forse maggiore ancora. Inutile dire, tanto pare evidente, che la piuma completamente bianca ha sempre un prezzo assai superiore a quella di colori diversi, meglio prestandosi alla tintura per generi di moda, mentre quelle colorate generalmente non possono trovar impiego che per riempimento.
Oltre ad aver minor merito, come ho già detto di fronte al fabbricante che le utilizza, le penne state, strappate sugli animali morti quand'anche immediatamente dopo uccisi, cadute oppure tolte ad animali viventi, devono essere pulite, non imbrattate cioè nè di sangue nè di sterco; occorre perciò offrire alle anatre negli ultimi giorni della loro esistenza il mezzo di lavarsi in qualche vasca e della paglia pulitissima in abbondanza per asciugarsi.
Quanto al modo di ucciderle senza che il sangue abbia a macchiar il piumaggio, che nelle Pechino e nelle Aylesbury è più prezioso perchè bianco, non c'è che introdurre nel palato all'altezza degli occhi del condannato l'acuta lama di un temperino o di un ferro affilatissimo e conficcarlo profondamente fino ad offendere il cervello; la morte avviene fulminea e la livrea è salva, ciò che non si otterrebbe coi mezzi più comunemente adottati, sulla descrizione sgradevole dei quali mi sarà concesso sorvolare. Questo sistema d'uccisione presenta anche il vantaggio dal lato del sapore di conservarlo completamente all'anatra, [93] che nulla ha perduto del suo sangue e per i buongustai ciò ha un discreto merito approssimandosi alquanto al profumo dell'anatra selvatica.
Altri invece preferiscono la bianchezza delle carni al sapore; coll'offendere il cervello, come detto, oppure tirando il collo all'animale, pratica anche questa più comune in certi paesi; se le carni riescono alquanto profumate restano però di color scuro e così pure la pelle; dissanguando invece la vittima il più possibile, si ottengono capi di bella presenza esteriore e carni bianchissime.
Il volatile va spiumato completamente appena avrà cessato di vivere; s'incomincia dal buttare in un paniere le grosse penne delle ali e della coda, poi si passa alle piume esterne di tutto il corpo e finalmente si toglierà con attenzione il piumino che sta sotto le piume aderente al corpo e lo si metterà in un paniere a parte. Se il corpo si fredda durante l'operazione lo si tuffa in acqua bollente e così si può terminarla facilmente.
Le grandi penne delle ali e quelle della coda non sono utilizzabili che per riempir guanciali, coperte da letto ed altro e di esse le barbe soltanto, che si taglieranno colle forbici; il fusto si butta via.
Perchè possano conservarsi, tutte le penne, siano esse tolte ad animali vivi come a macellati devono essere sterilizzate facendo subir loro l'essiccazione; si introducono entro sacchi di tela e poi in un forno da pane subito dopo la sfornata, per ritirarle allorchè il forno sarà completamente freddato; si tolgono dai sacchi e si battono ben bene con delle bacchettine di giunco. Queste due operazioni servono, la prima [94] a distruggere insetti, uova e materie grasse contenuti nelle penne e l'altra a staccare e disperdere le pellicole aderenti.
Levate dal forno e battute, si stendono su graticci e con le mani si lavorano diligentemente come si farebbe colla lana. Trascorso qualche giorno si ripetono tutte queste operazioni, forno, battitura e rimaneggiamento, che così si può esser certi della conservazione perfetta ed a lungo delle piume; riposte in casse, dove però non stiano pigiate, e assicurate contro le tignole da naftalina o da canfora, possono rimanervi del gran tempo senza che abbiano a soffrire menomamente.
Le pelli d'anatra, come quelle d'oca, guarnite del loro piumino servono poi a fabbricare alcuni oggetti d'uso domestico in sostituzione delle pelli di cigno e ciò costituisce un'industria speciale assai fiorente in alcuni paesi. Per queste imitazioni cigno è necessario servirsi di pelli d'anatra dal piumaggio bianco e che abbiano appartenuto ad animali stati spiumati radicalmente e poi mantenuti ancora in vita fino a tanto che la peluria non sia un po' cresciuta; ucciso il volatile si incide la pelle, la si solleva delicatamente perchè non si strappi, procurando anche di lasciarla più intera possibile, quindi la si concia, per venderla ai fabbricanti di boa per signora, di piumini da cipria ecc., per i quali altre volte si ricorreva esclusivamente al cigno. E' la stessa operazione che si pratica con la pelle dell'oca che è più dettagliatamente illustrata nel volume sull'allevamento di questo palmipede già menzionato.
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In generale, le malattie che affliggono i polli, i tacchini od altri volatili sono più numerose e con caratteri più gravi che non nei palmipedi; per preservarneli, un'alimentazione sana, ed animalizzata con verdura in abbondanza, acqua spesso rinnovata in abbeveratoi tenuti puliti, locale con giaciglio cambiato appena incomincia ad essere un po' sudicio, forma un insieme di cure sufficienti. E se un'epidemia scoppia dove c'è agglomerazione di volatili d'ogni sorta, le anatre saranno delle ultime a risentirsene, per quanto, essendo di carne anch'esse possano soccombere; ciò che hanno da temere è il contatto, chè vivendo sole, per poco che l'igiene sia osservata nel locale dove dormono, specialmente, sarà ben difficile che cadano ammalate.
Non mi soffermo a parlare di quel catastrofico flagello che è il colera, il quale dove fa la sua apparizione tutto distrugge e le anatre sono travolte nel turbine come tutto il resto. Questo succede negli allevamenti di campagna dove l'igiene non si sa neppure che cosa sia, ma l'allevatore per poco curante dei propri interessi non ne permetterà l'invasione e nella peggiore delle ipotesi non mancherà di prendere quei provvedimenti perchè il colèra non si diffonda, che i trattati di avicoltura come quello del Pascal suggeriscono; nel suo importante lavoro[3] il [96] nostro popolare autore ha trattato con quell'erudizione che gli è propria il penoso argomento ed ha indicato i mezzi ed i rimedi per sanare una piaga così allarmante o almeno alleviarla nella misura del possibile.
Ma vi sono altre malattie contagiose anch'esse, non della gravità tuttavia del colèra e che pure danno dei grattacapi ai pollicoltori, il cui impianto è difettoso o che sono negligenti; una delle più frequenti è la:
Difterite. Questa malattia nella maggior parte dei casi si manifesta nell'interno della bocca, invade la lingua, la gola e scende fino alla trachea ed ai bronchi; anche gli occhi e le narici sono quasi sempre attaccati in pari tempo. Dalla gola sale un'onda di fetore ripugnante quando già il male è avanzato; gli occhi lagrimano e dalle narici si vede colare un liquido purulento che tramanda cattivo odore.
Non appena si scorgono i primi sintomi della malattia, lagrimazione e scolo, bisogna correr subito ai ripari; se aprendo il becco dell'ammalata si scorgono delle bolle o false membrane al palato od alla gola, il primo provvedimento da prendere è di segregar subito l'individuo, perchè il male è contagioso quindi disinfettare radicalmente tutti i locali, quello dove dormono gli animali compreso, ed i vari accessori.
Ogni individuo colpito va dunque portato in qualche luogo riparato, uso infermeria, dove possa venir curato a dovere. Occhi e narici andranno bagnati con un tampone d'ovatta intriso in una soluzione d'acido borico, poscia si faranno delle pennellature con liquido detto di Benion (miele rosato gr. 30, acido cloridrico gr. 8 acqua distillata gr. 150); servono pure [97] le pennellature a base di tintura di iodio. I tumori della bocca e della gola si curano con pennellature di una composizione, la cui formula è: tintura di ratamia 10 gr.; tintura di benzoino gr. 10; di aloe gr. 5. Se però il male ha invaso i bronchi di dove facilmente si diffonde fino agl'intestini è quasi impossibile guarirlo; attaccato alla sua radice e cioè ai primi sintomi esteriori e trattato energicamente, anche col petrolio come ho visto usare con efficacia, per quanto il rimedio sia brutale, il male può esser guarito, ma non bisogna trascurarlo, si deve osservare sempre, continuamente gli animali, isolare i colpiti fin dal primo stadio della malattia. Chi non li sorveglia attentamente è inutile che si lamenti se si ammalano e l'uno comunica il malanno all'altro; chi non si sente di far un impianto in regola, di badare alla pulizia ed all'igiene dei suoi alati farebbe meglio a non incominciar neppure; il più delle volte la causa di ogni guaio, delle catastrofi è l'avicultore stesso e allora.... addosso a quella birbonata di pollicoltura!
Corizza. — È una forma attenuata di difterite, con gli stessi sintomi cioè della lagrimazione degli occhi e dello scolo dalle narici, ma la bocca e la gola non sono attaccati. Ad ogni modo, infermeria anche in questo caso e pennellature di una soluzione di solfato di rame al 5‰; alimentazione tonica, con introduzione di scarti di carne od altro genere consimile.
Dissenteria. — La difterite e la corizza sono provocate dal locale umido, dai bruschi cambiamenti di temperatura, da correnti d'aria, dal passaggio dalla [98] atmosfera calda del dormitorio all'aria libera molto fredda; la dissenteria è prodotta invece da un'alimentazione troppo acquosa, quantunque talvolta venga in conseguenza della difterite, nel qual caso non v'è rimedio. Ma se la colpa è di un nutrimento tale da produrre la diarrea semplice questa si guarisce dando agli ammalati dei pastoni di crusca o di farina d'orzo oppure del riso bollito con un po' di carbonato di ferro; la farina di ghiande invece del carbonato serve come astringente, e, così ancora l'aggiunta di carbone di legno polverizzato nei pastoni giova al caso attuale.
Pipita. — Ne è causa generalmente il locale umido o malsano e si guarisce con qualche pennellatura di tintura di iodio sul palato o sulla lingua dove si scorgono le membrane ulcerose; i casi sono del resto piuttosto rari.
Capogiro. — Come l'oca, l'anatra va soggetta alle vertigini, prodotte per lo più da un'alimentazione troppo riscaldante; ciò provoca un afflusso del sangue al cervello, quindi la congestione, l'animale sembra ubbriaco, gira su se medesimo e barcolla. In questo caso, conviene una cura rinfrescante con grande abbondanza di verdura e crusca bagnata, tranquillità in luogo appartato, piuttosto buio; nell'acqua da bere si introdurrà un po' di solfato di soda.
Apoplessìa. — Ha pressochè gli stessi caratteri del precedente, ma può esser causata da colpi di sole; è assai raro nell'anatra, mentre è più frequente nell'oca che gironza tutto il giorno nei campi; i forti calori tuttavia possono produrre uguali effetti dell'insolazione. Un'estrazione di sangue mediante il taglio [99] dell'unghia alla sua base in entrambe le zampe si renderà necessaria efficace anzi; quindi regime rinfrescante e relegazione.
Anemia. — Il dimagramento generale, il pallore dei tarsi e del becco ne sono gli effetti; non c'è che amministrare alimenti animalizzati e fortificanti.
Avvelenamento.-Le anatre che abbiano la possibilità di pascolare nei prati, come le oche, ingoiano talvolta fra le erbe buone anche qualcuna nociva, tali la cicuta, il giusquiamo, la belladonna, i sintomi dell'avvelenamento si presentano ancora come quelli che si osservano nei casi di vertigini e di apoplessia. Il rimedio consiste in latte caldo dato in abbondanza e fatto ingoiare forzatamente, al primo accenno del male; quindi si tratta il volatile col regime indicato più sopra del capogiro.
Reumatismo. — L'animale comincia per star malfermo sulle zampe, poi cammina zoppicando, le articolazioni e le zampe si gonfiano, finchè finisce per non potersi più muovere. La causa di questo va ricercata nel locale d'abitazione umido ed il rimedio è ovvio: risanamento, in pari tempo si fanno dei bagni caldi senapati alle zampe tenendovi l'inferma per dieci minuti ogni volta e poi si praticano frizioni d'olio canforato o d'olio di trementina. Per gli anatrotti colpiti basta tuffar le zampine nella feccia di vino riscaldata.
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I. | L'anatra prototipo dei volatili per industria | Pag. 1 | |
II. | Caratteri generali dell'anatra | 5 | |
III. | Le principali razze da prodotto | 9 | |
L'anatra di Rouen | 11 | ||
L'anatra di Duclair | 18 | ||
L'anatra di Aylesbury | 20 | ||
L'anatra di Pechino | 27 | ||
L'anatra Orpington | 31 | ||
L'anatra Corritrice Indiana | 35 | ||
L'anatra Muschiata | 38 | ||
L'anatra di Merchtem | 43 | ||
L'anatra Svedese | 45 | ||
L'anatra Cayuga | 46 | ||
IV. | L'alloggio dell'anatra | 47 | |
V. | L'alimentazione | 51 | |
VI. | Come si allevano gli anatrotti | 61 | |
VII. | Un esempio di allevamento ristretto | 69 | |
VIII. | Come e dove s'industrializza l'allevamento dell'anatra | 74 | |
IX. | L'ingrassamento dell'anatra | 83 | |
X. | La piuma | 89 | |
XI. | Malattie | 95 |
1. Pascal. Manuale teorico pratico d'avicoltura F. Battiato Editore Catania — 1915.
2. Le mie galline — Francesco Battiato Editore, Catania.
3. Teodoro Pascal. Manuale teorico pratico di pollicoltura con considerazioni su tutti i volatili da cortile.
Nota del Trascrittore
Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione minimi errori tipografici.
Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.